Dopo il no di Pence, approvato l’impeachment contro Trump: è il secondo

La Camera degli Stati Uniti ha approvato la mozione di impeachment contro Donald Trump per incitamento all’insurrezione, presentata dai dem.

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Donald Trump, presidente uscente degli Stati Uniti d’America. Credit: Archivio Meteoweek

Approvata la richiesta di impeachment contro il presidente uscente Donald Trump. È avvenuto nella serata (orario italiano) di mercoledì 13 gennaio, quando la Camera degli Stati Uniti ha votato la mozione per avviare la procedura. L’accusa mossa al tycoon è incitamento all’insurrezione, alla luce dei fatti avvenuti lo scorso 6 gennaio a Capitol Hill. The Donald ha infatti incoraggiato un gruppo di manifestanti sovranisti ad assaltare il Congresso e impedire la certificazione della vittoria del nuovo presidente eletto Joe Biden. La mozione è passata alla Camera con 232 sì, 197 no e 5 astenuti. Tra i voti favorevoli, anche quelli di 10 deputati repubblicani su 211 totali. È pronta per passare dal Senato la richiesta per avviare la seconda procedura di impeachment contro Trump.

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Il primato di Trump

È la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America che un presidente in carica subisce due richieste per essere messo in stato di accusa. La procedura per l’impeachment è stata avviata subito dopo che il vicepresidente, Mike Pence, ha rifiutato di appellarsi al 25esimo emendamento per rimuovere Trump dal suo incarico a una settimana dalla fine del mandato. Il numero due della Casa Bianca ha bocciato l’ipotesi, ha detto, “perché non in linea con quelli che sono gli interessi del paese e la base della costituzione”. Non solo. Ha anche sconsigliato implicitamente di avviare la procedura di impeachment, per “evitare azioni che dividerebbero e infiammerebbero ulteriormente la passione del momento”.

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La procedura di impeachment: cosa succede ora?

Ma i democratici non si sono fatti intimorire e sono andati avanti con le accuse contro Trump, in quanto ormai considerato “un pericolo evidente ed immediato, come ha denunciato in Aula prima del voto la speaker della Camera Nancy Pelosi. La dem, nel suo intervento, ha definito i manifestanti non “patrioti”, come li aveva chiamati il tycoon, ma bensì “terroristi”. Dopo l’approvazione della Camera, la mozione passerà al Senato, il cui presidente è il repubblicano Mitch McConnell. Stando a quanto emerso finora, il leader sembrerebbe intenzionato ad aspettare che si insedi la maggioranza democratica al Senato, il 19 gennaio prossimo, per dare inizio alla procedura. Se dovesse avvenire questo, è molto probabile che la richiesta ai danni di Trump passi con facilità. Inoltre così facendo si eliminerebbe l’unico modo che avrebbe Trump per evitare l’interdizione dalla vita politica – cioè quello di auto-concedersi una grazia – che sarebbe possibile solo nel caso in cui si trovasse ancora alla Casa Bianca al momento del voto in Senato.

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Nancy Pelosi, speaker della Camera degli Stati Uniti d’America. Credit: Archivio Meteoweek

Le conseguenze dell’impeachment

La messa in stato di accusa del presidente uscente potrebbe rappresentare un problema per Trump, nonostante il suo incarico sia ormai agli sgoccioli. Questo perché –  se alla fine il Senato dovesse condannare Trump – potrebbe causare anche la mancata ricandidatura del tycoon nel 2024. Mentre The Donald sta già pensando a come strutturare la campagna elettorale nei prossimi quattro anni, c’è chi spera di eliminarlo definitivamente dalla vita politica statunitense. Stando a quanto scrive su The Guardian Corey Brettschneider, professore di scienze politiche all’università di Brown, esisterebbe una clausola della Costituzione americana che prevede anche l’interdizione da qualsiasi ufficio pubblico nei casi di impeachment. In altre parole, all’ex presidente non sarebbe più concesso di fare attività politica.

 

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