La nuova bozza del Recovery plan è stata finalmente inviata ai ministri nella serata di ieri sera, intorno alle 21:30 (24 ore prima del Consiglio dei ministri di oggi, 12 gennaio). Le forze di maggioranza dovranno ora studiare quanto appare nel testo prima del voto definitivo nel Consiglio dei ministri. Un momento delicato, durante il quale è anche stata congelata la presunta crisi di governo. Si tratta di un’intesa o di una pausa temporanea?
“E’ stata appena inviata a tutti i ministri, come da impegni assunti nel corso dell’ultimo incontro, la nuova bozza del Recovery Plan, rielaborata all’esito del confronto con le forze di maggioranza sulla base delle varie osservazioni critiche da queste formulate“, afferma una nota della presidenza del Consiglio. La bozza del Recovery plan è finalmente giunta sulle scrivanie dei ministri: è stata inviata nella serata di ieri, intorno alle 21 e 30, esattamente 24 ore prima del Consiglio dei ministri previsto per oggi, 12 gennaio. “Inoltre 170 pagine sono esposte le strategie, i progetti, le risorse per far ripartire l’Italia. Ora nel governo, in Parlamento e nel Paese si apre la fase di analisi, miglioramento, decisione”, scrive su Twitter il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Insomma, ora sarà compito delle forze di maggioranza analizzare il testo in 24 ore per decidere se votarlo al Consiglio dei ministri o meno. Un voto fondamentale, che non può esser rimandato e sul quale è intervenuto anche il Quirinale: secondo quanto ricostruito da La Stampa, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe contattato Matteo Renzi per chiedergli di congelare le dimissioni delle ministre di Italia Viva Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. L’apertura di Italia viva ad approvare l’attuale Recovery c’è già, ed è stata comunicata dallo stesso Matteo Renzi in un intervento ad Rtl. Senza smentire le indiscrezioni su una telefonata del presidente della Repubblica, Renzi avrebbe affermato: “Approviamo questo benedetto Recovery. Ma mettiamo questi soldi per le cose utili”.
Come si presenta, allora, la nuova bozza di Recovery plan? Innanzitutto, è necessario evidenziare che il nodo della governance appare ancora irrisolto. Nel testo si legge: “Il governo, sulla base delle linee guida europee per l’attuazione del Piano presenterà al Parlamento un modello di governance che identifichi la responsabilità della realizzazione del Piano, garantisca il coordinamento con i ministri competenti a livello nazionale e gli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa”. Insomma, per quanto riguarda la governance il Recovery sembra voler restare ancora attaccato alle linee guida. Il contenuto, invece, appare nella sostanza riconfermato, con qualche adeguamento frutto del confronto con le forze di maggioranza. Illustrato in 172 pagine, il Piano si articola “in 6 missioni, che a loro volta raggruppano 16 componenti funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del governo. Le componenti si articolano in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. I singoli progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro”.
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Tra i cambiamenti più sostanziali, i 19,72 miliardi per la Sanità, 5 miliardi in più rispetto ai 14,5 miliardi (che includevano anche le spese per ristrutturare gli ospedali). I soldi sulla sanità saranno distribuiti in 7,9 per Assistenza di prossimità e telemedicina, e 11,82 miliardi per Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria. Vengono riconfermati, comunque, i punti cardine del Recovery: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Alla rivoluzione verde e transizione ecologica andranno 68,9 miliardi di euro, mentre 46,18 miliardi andranno alla digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e la cultura. 31,98 miliardi dovrebbero invece andare alle infrastrutture e mobilità sostenibile, mentre 28,46 miliardi dovrebbero andare all’istruzione e alla ricerca. Infine, 21,28 miliardi saranno destinati all’inclusione e coesione, per un totale di 222,9 miliardi.
“Non saremo responsabili di nessun ritardo sul Recovery plan, lo stiamo studiando, lo voteremo, lo sosterremo e lo miglioreremo, un minuto dopo valuteremo il da farsi“, afferma Davide Faraone di Italia Viva, intervistato ad Agorà su Rai Tre. Poi però ribadisce: “Noi speriamo di fare la battaglia per il Mes dalla maggioranza, se non ci saranno le condizioni andremo serenamente all’opposizione. Le nostre ministre saranno stasera in Cdm”. Insomma, la linea generale sembra confermata: Italia viva è disponibile a votare il Recovery, evitando ulteriori ritardi, ma la battaglia interna non è ancora conclusa, si tratta solo di una pausa. Stando a quanto riportato dal Corriere, diverse indiscrezioni di Palazzo lascerebbero presagire una imminente ufficializzazione della crisi di governo: Italia viva voterà positivamente il Recovery (o si asterrà), ma subito dopo ritirerà le ministre. Le parole lapidarie con cui Matteo Renzi avrebbe suggellato questa intenzione si sarebbero rivolte direttamente ai suoi: “Io non voglio bloccare niente. Capisco che qualcuno vorrebbe farmi fare la figura dell’irresponsabile, ma si sbaglia di grosso. Quando arriverà il testo lo valuteremo e decideremo se astenerci o votare a favore in Consiglio dei ministri, perché prima di tutto viene l’interesse del Paese, ma subito dopo faremo quello che dobbiamo fare“.
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Difficile dire cosa accadrebbe se le ministre di Italia viva dovessero dare le dimissioni (cosa che appare al momento probabile). A quel punto sarebbe necessario ufficializzare la crisi, si dovrebbe andare alla conta in Parlamento e – in caso di carenza di numeri – si dovrebbe trovare una soluzione. Nel frattempo, da qualche giorno sembra sfumata anche l’ipotesi di un Conte ter. A riportarlo è sempre il Corriere, secondo il quale Matteo Renzi avrebbe già comunicato di non voler chiudere nessun accordo di questo tipo. Così come è escluso un accordo interno: il leader di Italia viva vuole una crisi formale. “Per me non esiste nessuna crisi pilotata, nessun Conte ter, io posso anche votare il Recovery, ma poi apro una crisi vera“, avrebbe commentato. Il quadro che emerge da questa situazione è che – presentata la nuova bozza di Recovery – il problema non sia il Recovery. O almeno, non sia solo quello. E il problema non consiste neanche in un rapido cambio di ruoli. Il problema è che per Italia viva Conte non è idoneo a gestire questa fase della crisi. Ha potuto funzionare da paciere, da rassicuratore, da mediatore, ma il partito lo vuole tagliato fuori dalla gestione della ripresa economica. Il sostituto di Italia viva avrebbe un nome e cognome ben preciso: Mario Draghi. Intanto il Pd fa il Pd (senza strappi e senza lodi), e il M5s incassa, sbalordito dal fatto che la stessa persona che ha voluto l’alleanza ora voglia staccare la spina. Forse il Movimento si era dimenticato che nella politica italiana – nostro malgrado – non esistono regole, ma solo situazioni.
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