Proseguono gli indagini per alcuni episodi di violenza, vere e proprie torture nel carcere di Sollicciano e a Rebibbia: undici gli agenti di polizia penitenziaria sotto inchiesta
Le indagini per le presunte torture avvenute nel carcere di Sollicciano sono arrivate a un momento decisivo. La procura, dopo l’inchiesta coordinata dal pm Christine Von Borries, ha portato a nove provvedimenti cautelari nei confronti di altrettanti agenti di polizia penitenziaria.
Dunque sarebbero nove gli agenti coinvolti, in modi e con responsabilità diverse. Sei di questi sono agli arresti domiciliari mentre per gli altri sei il giudice per le indagini preliminari ha stabilito l’interdizione dagli uffici per un anno e l’obbligo di dimora nel comune di residenza. C’è anche un decimo agente indagato, ma con responsabilità minori.
Stando alle indagini gli agenti sotto indagine di sarebbero resi protagonisti di almeno due pestaggi nei confronti di un detenuto italiano e di un detenuto marocchino. Uno dei due reclusi patì danni permanenti all’udito, un altro fu ricoverato con due costole rotte.
Ma le accuse riguardano anche diversi episodi di falso: perché quando le violenze diventarono oggetto di inchiesta i responsabili avrebbero cercato di nascondere le proprie responsabilità, inquinando prove e indagini.
Tra i fermati anche l’ispettrice Elena Viligiardi, coordinatrice del reparto penale. Ai domiciliari anche l’assistente Luciano Sarno e l’agente Patrizio Ponzo.
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Al carcere romano di Rebibbia due agenti di polizia penitenziaria finiscono ìnei guai per le violenze subite da una reclusa affetta da problemi psichici. La donna aveva denunciato le personalmente le violenze alla vicedirettrice del carcere che le aveva creduto e aveva disposto un’indagine.
La detenuta, reclusa per alcuni furti, era stata spogliata, trascinata nuda fuori dalla cella per i capelli e messa di peso sotto l’acqua fredda.
Alcuni video avrebbero confermato e chiarito quanto accaduto a Rebibbia nel luglio scorso. Sospesi i due agenti, una soprintendente addetta alla sorveglianza generale e un assistente capo. Andranno a processo. Erano certi che la donna non li avrebbe mai denunciati, e che comunque per via dei suoi problemi psichici non sarebbe mai stata creduta. Dovranno rispondere di abuso di autorità contro un arrestato e falso. Per coprire le violenze avrebbero redatto un verbale del tutto inventato, coprendosi a vicenda.
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