Il neopresidente degli Stati Uniti Joe Biden non avrebbe intenzione né di aprire una procedura di impeachement né di prendere in considerazione l’ipotesi 25esimo emendamento per rimuovere Donald Trump dalla sua carica. A confermarlo è la Cnn, che riporta anche fonti vicine al nuovo presidente.
Restano 13 giorni prima del 20 gennaio, data nella quale Joe Biden e Kamala Harris dovrebbero prestare giuramento in qualità rispettivamente di presidente e vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Meno di due settimane, che però sembrano un’eternità. Con l’assalto al Capitol Hill, Trump ha mostrato i muscoli, ha fatto vedere all’America tutta quanto i suoi sostenitori siano pronti a spingersi oltre il gioco democratico, ha dimostrato quanto il comportamento della polizia risponda alle istanze del presidente in carica (anche se anti-democratico), ha fatto vedere a tutti quanto appare fragile la democrazia americana in questo momento. E l’altra America, comprensibilmente spaventata, sta assumendo tutte le misure necessarie per allontanarlo il prima possibile. Twitter e Facebook censurano The Donald a colpi di ban alterni e ultimatum, l’amministrazione pensa alle vie legali per costringerlo ad abbandonare la carica prima del 20 gennaio. Ma Joe Biden sembra pronto a non cedere né all’ipotesi impeachement, né all’ipotesi 25esimo emendamento.
Stando a quanto riportato dalla Cnn, che cita fonti vicine al nuovo presidente, Biden preferirebbe rimanere concentrato sulla procedura di insediamento, convinto che manovre di questo tipo non aiuterebbero a unificare il Paese. Leggasi: se quella di Trump era una provocazione per spingere Biden a commettere un passo falso, per costringerlo a prendere misure drastiche che concerebbero a Trump l’occasione di passare per martire, Biden non ci casca. In ballo c’è il rischio di una guerra civile. Gli ordigni piazzati ne sono una dimostrazione. D’altronde, anche il vicepresidente Mike Pence non sembra propenso a fornire il suo consenso a procedere con il 25esimo emendamento per costringere Trump a lasciare il suo incarico, nonostante le pressioni dei democratici e di alcuni repubblicani. L’idea generale è quella già avanzata: un atto del genere rischia di alimentare il caos. Oltre al fatto che rimuovere Trump significherebbe – per Pence e per parte dei Repubblicani – rinnegare la politica portata avanti fino a questo momento e – di riflesso – rinnegare The Donald anche in qualità di leader del partito. Al momento si tratta però di indiscrezioni, e buona parte della politica americana resta convinta: è necessario liberarsi di Trump il prima possibile.
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Le ipotesi al vaglio
Sono due le ipotesi in campo: l’impeachement e il 25esimo emendamento. Ieri sera la speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader dei democratici al Senato Chuck Schumer hanno chiesto direttamente al vicepresidente Mike Pence di attivare il 25esimo emendamento della Costituzione: si tratta di una procedura che permette al vicepresidente in carica e alla maggioranza dei membri di rimuovere il presidente dal suo incarico. E’ una procedura che si può attivare se, per qualche motivo, il presidente attuale non è più in grado di ricoprire la propria carica: in quel caso subentrerebbe il vicepresidente. La volontà di Pelosi è di agire immediatamente, perché “ogni giorno potrebbe essere uno spettacolo horror per l’America“. In base alla procedura del 25esimo emendamento, è possibile sostituire il presidente con il vicepresidente (e grazie al supporto della maggioranza), ma il presidente può opporsi alla procedura. In quel caso il vicepresidente ha quattro giorni per confermare o ritirare la sua decisione. In caso di conferma, la palla passa a Camera e Senato e l’ipotesi viene votata dalle camere entro 21 giorni. La conferma definitiva arriva solo se si ottiene una maggioranza di due terzi in entrambe le camere. Qualora il vicepresidente Pence dovesse opporsi al 25esimo emendamento, Pelosi e democratici hanno già fatto sapere di voler ricorrere alla seconda opzione: la procedura di impeachement.
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Secondo la procedura dell’impeachement, la Camera dovrebbe votare a maggioranza per incriminare Trump. Le accuse formulate contro il presidente in carica possono essere di tre tipi: tradimento, corruzione o altri gravi crimini e misfatti. A quel punto spetta al Senato tenere un breve processo sulle accuse. La condanna arriva solo in presenza di due terzi dei voti dei senatori. La procedura – come ricordato dal Post – richiederebbe una grande adesione da parte dei senatori repubblicani, visti i numeri presenti in Senato. Il problema è che molti senatori repubblicani potrebbero opporsi a una presa di posizione di questo tipo, anche perché molti esponenti repubblicani già contrari alle posizioni di Trump stanno dando le dimissioni proprio in questi giorni. Inoltre, in ballo c’è anche il futuro del partito Repubblicano: una mossa del genere sarebbe una presa di distanza netta, e il partito dovrebbe abbandonare il suo influente leader. Con pretese dittatoriali.