Quanto accaduto negli Stati Uniti ha aperto un varco nella democrazia. La destra tutta, repubblicani in primis, sarà ora costretta a fare i conti con se stessa, e prender una decisione su quello che vuole esser da grande: un’ala del liberalismo (e del neoliberismo) o un’ala del sovranismo con qualche velleità dittatoriale. Il varco era già chiaro anche in Italia, e diventa sempre più evidente osservando i commenti dei politici italiani su quanto avvenuto a Washington.
“Seguo con grande attenzione e apprensione quanto sta accadendo negli Stati Uniti, mi auguro che le violenze cessino subito come chiesto dal Presidente Trump. In questi momenti serve grande prudenza e serietà. Mi auguro che la situazione negli USA possa tornare al più presto alla normalità“. E’ stato questo il commento di Giorgia Meloni sulle vicende di Washington, sull’attacco al Campidoglio durante la seduta a camere riunite per ratificare la vittoria di Joe Biden. L’assalto è stato portato avanti da suprematisti bianchi, Proud Boys, Boogaloo e cospirazionisti vari (Qanon in prima fila). La mobilitazione cittadina per ostacolare la nomina di un presidente legittimamente eletto è stata incentivata da Trump per settimane. Il presidente uscente ha fomentato rancore e sfiducia nelle istituzioni a colpi di fake news, alimentando convinzioni infondate e le aspirazioni di rivolta dei suoi simpatizzanti. Trump si è messo a capo dei suoi elettori più estremisti, ha detto di contare su di loro per ribaltare la situazione, ha lasciato un Campidoglio disarmato e, a giochi fatti, si è anche complimentato con chi si è introdotto nelle aule. Insomma, non sarà stato un tentativo di colpo di stato, ma è comunque un attacco diretto a ogni principio democratico. Di fronte a tutto questo, Giorgia Meloni si augura che le violenze “cessino subito come chiesto dal presidente Trump“. Come a dire: alla fine non è tanto cattivo, ha ordinato di ritirare le truppe, e ora le truppe devono ubbidire.
E’ evidente che quello che si apre di fronte a noi non è solo un periodo di crisi della democrazia, ma anche un punto di svolta delle destre (statunitensi e italiane). Hanno avuto l’occasione di far tastare con mano dove porterebbero le derive sovraniste dell’estrema destra, e ora devono decidere se andare fino in fondo. Il partito repubblicano in America si sta dividendo tra commenti di condanna per l’atteggiamento di Trump e fedelissimi pronti a seguirlo fino in fondo. L’ipotesi impeachement sembra scansata anche perché, con una manovra del genere, il partito repubblicano sarebbe costretto a prendere definitivamente le distanze da Trump. E non sa se è pronto a farlo. Perché non sa chi vuole essere. Si sta riproponendo, in America come in Italia, una tendenza che conosciamo da tempo, di cui Trump è solo l’ultima conseguenza (e non la causa): il centrodestra si è spaccato. Ora può retrocedere, avanzare, o separarsi ufficialmente in moderati ed estremisti, come nella migliore tradizione della sinistra. Non solo la democrazia sta vacillando, ma sia a destra che a sinistra vacilla anche una visione politica unitaria sul futuro.
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Un centrodestra spaccato
Per avere un’idea chiara di quanto affermato, basta guardare le reazioni del centrodestra italiano. Anche le parole del leader della Lega Matteo Salvini sembrano morbide dei confronti di quanto avvenuto: sotto attacco non Trump, ma “la violenza” che “non è mai la risposta“. E ancora: “Entrare armati in Parlamento è follia“. Per far capire quanto sia capillare questa frammentarietà di posizioni, si può leggere anche il commento di Luca Zaia, che invece appare più duro: “Se ritieni di aver subito un torto, come Trump, ci sono le sedi opportune a cui rivolgersi. A Washington c’è stato invece un attacco alla democrazia“. E poi, definitivo: “Scene simili si sono viste di recente solo in Libia“. Ancor più duro il commento di Silvio Berlusconi (l’ala non sovranistra del centrodestra, la frangia europeista, liberale e liberista): “Aver suscitato, incoraggiato, evitato di condannare questo tipo di comportamenti è un comportamento che nessun leader politico dovrebbe permettersi in un paese democratico. (…) Non accettare la sovranità popolare, certificata da tutti gli organi giurisdizionali fino alla Corte Suprema, significa mettere in discussione i principi stessi della democrazia liberale e creare una lacerazione pericolosissima nella società Americana”. Fa eco il presidente di regione Giovanni Toti, che afferma: “Avrei votato Trump. Sbagliando“.
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Insomma, per la destra Trump è un elefante ingombrante nella stanza: c’è chi l’ha percepito come un male necessario per mantenere viva l’alleanza atlantica, e chi invece lo percepisce come orizzonte politico. Chi cerca di raccogliere i cocci e chi vorrebbe essere quell’elefante. Una frattura ormai resa palese dagli ultimi avvenimenti. A dimostrazione del fatto che l’assalto al Congresso non è stata solo una buffonata carnevalesca, ma il sintomo di un cambiamento ben più grande. E ben più pericoloso.