Il bilancio dell’assalto al Congresso: 4 morti e 52 arresti. L’America trema ancora

L’America è ancora in preda allo shock per quanto avvenuto nella giornata di ieri. Secondo la polizia metropolitana di Washington Dc sono circa 45mila le persone che hanno preso parte alla marcia su Washington. Sono 52 gli arrestati e decine gli agenti feriti. Quattro i morti. Un bilancio drammatico, in un momento storico altrettanto drammatico. 

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Gli Stati Uniti si risvegliano in un’America diversa, questa mattina. Il Congresso degli Stati Uniti ha certificato la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali, ma a seguito del violento attacco contro la sede del parlamento al Campidoglio a Washington. L’assalto è avvenuto nella giornata di ieri ed è stato attuato da centinaia di manifestanti pro-Trump. I sostenitori sono addirittura riusciti a introdursi nelle aule, proprio mentre il Congresso stava certificando l’esito delle presidenziali. Durante l’assalto sarebbero morte quattro persone, mentre sarebbero decine i feriti e 52 gli arresti. Il tutto è avvenuto anche a causa del ritardo nell’intervento di polizia e Guardia nazionale (si cerca ora di capire il perché di questo ritardo, alcune fonti parlano di esplicita negligenza da parte di Trump, tanto che – secondo alcuni giornali – sarebbe stato Mike Pence a ordinare l’intervento della Guardia nazionale).

Il bilancio di quanto avvenuto

Tra i morti, una manifestante pro-Trump, una veterana dell’Aeronautica. La donna sarebbe stata centrata al petto durante la sparatoria. Altre tre persone sarebbero morte in ospedale. A fornire il bilancio, direttamente il capo della polizia di Washington Robert Contee, che però non fornisce i dettagli sull’identità delle altre vittime o sulle cause della morte. Stando a quanto riportato dalla Cnn, diverse persone sono state trasportate in ospedale per problemi cardiaci o fratture. All’interno del bilancio, anche 5 armi sequestrate. La polizia ha confermato che sono stati rinvenuti ordigni esplosivi davanti al quartier generale sia del Dnc (Democratic National Convention) e sia dell’Rnc (Republican National Convention). Durante l’assalto i parlamentari sono stati fatti evacuare, mentre i manifestanti marciavano su Capitol Hill. Poche, troppo poche le barriere della polizia. A far rientrare la situazione, anche il coprifuoco ordinato dalla sindaca. La polizia metropolitana di Washington Dc riporta: sono 45mila le persone che hanno partecipato alla marcia. A riportare l’accaduto è stata anche la sindaca di Washington Dc Muriel Bowser, che avrebbe affermato: “Le proteste di oggi sono degenerate nella violenza, molti dei manifestanti sono arrivati armati e con l’obiettivo di compiere atti di violenza, utilizzando sostanze irritanti, mattoni, bottiglie ma anche armi da fuoco. Hanno violato la sicurezza del Campidoglio per interrompere la procedura di certificazione dei risultati elettorali“. Bowser ha anche proclamato uno stato di emergenza di 15 giorni per la capitale.

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Mancano 14 giorni al giuramento

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Intanto superata la crisi (almeno per ora), il Congresso ha proclamato Joe Biden e Kamala Harris presidente e vicepresidente degli Stati Uniti. I democratici incassano 306 voti, contro i 232 dei repubblicani. Biden ed Harris giureranno il 20 gennaio. E fino ad allora? Sono tanti gli esponenti del partito repubblicano che stanno prendendo le distanze da Trump (restano fedeli i senatori Ted Cruz, Texas, e Josh Hawley, Missouri), tante le ipotesi di dimissioni. Tante le dimissioni già avvenute, come quella del capo dello staff della First Lady, Melania Trump, ed ex segretaria stampa della Casa Bianca, Stephanie Grisham. Anche la vice portavoce della Casa Bianca, Sarah Matthews, si è dimessa in seguito alle violenze in Congresso. Intanto Washington trema ancora. Stando a quanto emerso fino ad ora, la preoccupazione per ciò che potrebbe accadere da qui al 20 gennaio è alta: Trump avrebbe due settimane per far deragliare completamente il Paese, e i manifestanti introdotti nelle aule del Campidoglio danno un’immagine plastica di quanto sia fragile la democrazia americana in questo momento. Trump intanto avrebbe commentato: “Anche se sono in totale disaccordo con il risultato delle elezioni, e i fatti mi danno ragione, ci sarà comunque un passaggio ordinato dei poteri il 20 gennaio. Ho sempre detto che avremmo continuato la nostra battaglia per assicurarci che siano contati solo i voti regolari. Anche se questa è la fine del più grande mandato della storia presidenziale, è solo l’inizio della nostra battaglia per rendere di nuovo grande l’America”. Insomma, con la mano destra Trump assicura un passaggio pacifico, con la sinistra ammicca ai manifestanti.

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L’ipotesi impeachement

Proprio per questo alcuni ministri del governo Trump starebbero pensando all’ipotesi di ricorrere al 25esimo emendamento per rimuovere il presidente in carica. Ma per farlo è necessario il consenso di Pence e il lasciapassare di due terzi dei componenti di ciascuna Camera. A chiedere una presa di posizione forte da parte di Pence è il Procuratore generale del Distretto di Columbia Karl Racine, intervistato dalla Cnn. Il procuratore lancia un appello rivolto direttamente a Pence: “Faccia il suo dovere costituzionale. Proteggere l’America, difendere la democrazia e invocare il 25  Emendamento. Questo richiede che il vice presidente Pence si muova e ottenga la maggioranza del Governo o la maggioranza del Congresso per rimuovere immediatamente il presidente perché è così chiaramente non idoneo alla carica“.  Si muove nella stessa direzione la deputata democratica Ilhan Omar, una delle componenti dello squadra di Alexandria Ocasio-Cortez: la deputata starebbe preparando gli articoli per l’impeachement di Trump. Al momento si tratta ancora di un’ipotesi, ma rende l’idea della gravità della situazione.

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