L’assedio degli elettori pro Trump a Capitol Hill di mercoledì 6 gennaio porterà con sé ripercussioni in tutto il mondo sovranista.
L’assedio a Capitol Hill – sede del Governo degli Stati Uniti – avvenuto nel pomeriggio di mercoledì 6 gennaio ha segnato definitivamente la parola fine al mandato di Donald Trump. E lo ha fatto nel peggiore dei modi. Il bilancio di quella che, dal giorno successivo, viene definita la “battaglia di Washington” è stato terribile: secondo la polizia metropolitana di Washington Dc sono state circa 45 mila le persone che hanno preso parte alla marcia sovranista in favore del tycoon. In totale sono stati arrestati 52 ribelli, mentre decine di agenti sono rimasti feriti. Quattro persone, drammaticamente, hanno perso la vita. Una donna sul momento, altri tre dopo essere stati portati in ospedale.
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La marcia su Washington, guidata dai sostenitori del presidente uscente, ha scandalizzato non solo gli Stati Uniti ma anche il resto del mondo. E ha segnato un confine ben delineato che avrà delle conseguenze. Da questo momento infatti i sovranisti – sia esponenti politici che elettori – saranno considerati meno credibili agli occhi della politica. L’argomento della sovranità nazionale in generale, e più in particolare il tema dell’America profonda, saranno ridotti all’immagine di un manifestante con le corna e il viso dipinto di rosso, bianco e blu che vandalizza il Campidoglio statunitense insieme ad altre migliaia di persone. Non solo: dopo l’avvenimento di mercoledì 6 gennaio, i sovranisti rischiano di rimanere isolati. Questo perché, per preservare un’identità democratica, le destre di tutto il mondo saranno costrette a prendere le distanze da una situazione simile.
A dissociarsi dall’assedio di Capitol Hill è stato perfino Matteo Salvini, leader della Lega e rappresentante del sovranismo in Italia. Sintomo che quanto avvenuto mercoledì pomeriggio negli Stati Uniti non può essere accettato nemmeno da chi dell’aggressività comunicativa ne ha fatto il suo baluardo. Tuttavia Salvini ha lasciato una finestra aperta verso l’America, per evitare di tagliare tutti i ponti. Il suo messaggio, il capo del Carroccio, lo ha affidato alla sua pagina Facebook: “Buongiorno Amici, come ho scritto ieri sera la violenza non è mai la risposta o la soluzione ad alcun problema, a Washington, come a Pechino, a Istanbul o altrove. Noi siamo dalla parte della Libertà e della Democrazia, sempre. Per me l’Italia e gli Italiani vengono prima di tutto e di tutti, e ovviamente continueremo ad avere rapporti di lealtà, amicizia e collaborazione con gli Stati Uniti per sempre, a prescindere dai partiti o dai presidenti al governo”.
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Gli ultimi avvenimenti hanno dimostrato che il sovranismo populista è solo una versione rinnovata del nazionalismo del Novecento. Quello stesso nazionalismo che, passando per la violenza, portò nel XX secolo alla negazione della democrazia. Oggi i nazionalisti si presentano sotto altri nomi: sovranisti, populisti… Ma il risultato è sempre il medesimo. E la dimostrazione sta nel diffondersi della violenza tra i cittadini, prima sui social e subito dopo nella realtà. La “battaglia di Washington” rappresenta quindi la fine del sovranismo? Di questo non v’è certezza, ma sicuramente una grande percentuale delle popolazioni mondiali non si riconoscerà in un simile atto di violenza.
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