Una delle grandi incognite che riguardano il coronavirus e che potrebbero influire sul vaccino è il continuo adattamento del virus che si sta trasformando
Secondo le indicazioni dei vari laboratori che stanno studiando il coronavirus e la sua evoluzione, il Covid sarebbe mutato diverse decine di volte, sempre in modo diverso, con caratteristiche di adattamento sorprendenti di paese in paese. Ma ci sono cinque varianti che, in questo momento, risultano essere particolarmente preoccupanti per chi il virus lo sta fronteggiando in laboratorio.
Che il coronavirus muti e si adatti è del tutto normale. Si tratta di una delle caratteristiche più significative e pericolose di qualsiasi virus che, per definizione, cerca sempre di resistere e di trasformarsi adeguandosi a quelle che sono le condizioni che incontra. La sfida, a questo punto, è anticipare la sua evoluzione che spesso è casuale e che rischia di intaccare l’efficacia della proteina spike che è alla base del vaccino.
La prima mutazione importante fu quella classificata come D614G, un virus estremamente efficace e in circolazione fin da febbraio. Tredici volte più veloce del virus originario di Wuhan, sarebbe uno dei motori della seconda ondata che in molti paesi si sta rivelando molto più efficace della prima.
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La cosiddetta variante inglese è stata classificata con la sigla B.1.1.7. Una variazione che racchiude non una ma decine di mutazioni. Un ceppo subdolo, rapido, estremamente resistente, capace di reggere anche al lockdown più severo. In questo momento la variante inglese è presente in almeno 33 paesi e in tutti i continenti: anche qui in Italia.
La variante sudafricana è siglata come N501Y. Si tratta dell’ultima frontiera del Covid, una mutazione simile a quella nata in Inghilterra della quale si sa poco, soprattutto come sia nata. Di fatto però si sa che sta incidendo anche sulla proteina spike, cosa che preoccupa molto i ricercatori al lavoro sul vaccino. Tanto che BioNTech e Pfizer stanno lavorando per capire se e come il loro vaccino, il primo approvato, sia da considerare definitivamente efficace anche su questa mutazione.
C’è poi l’N501T, isolato in Italia, a Brescia, fin da agosto. Una mutazione ancora abbastanza misteriuosa che viene studiata dopo il caso di un malato immunodepresso che ha combattuto con il Covid da aprile a novembre…
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L’ultima variante è quella “dei visoni”, la Cluster 5, riscontrata in nord Europa e identificata ad agosto. A novembre in Danimarca sono state riscontrate diverse centinaia di persone positive a questo ceppo. Un rischio che ultimamente sembra essere stato ridimensionato ma che ha costretto le autorità sanitarie danesi a bonificare gli allevamenti, sopprimendo 17 milioni di visoni.
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