Domenico Arcuri, commissario straordinario per l'emergenza Covid-19. Credit: Facebook
Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, ha spiegato che l’Italia non è in ritardo sui vaccini, ma i numeri non tornano.
L’Italia non è in ritardo sulle vaccinazioni. Questo il succo della lettera di Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, pubblicata sul Corriere della Sera martedì 5 gennaio 2021. Il Paese sta seguendo il piano vaccinale previsto, come ha confermato il funzionario, eppure i numeri sembrano non tornare. Per la nostra penisola sono previste abbastanza dosi?
“Per vaccinare il numero massimo di cittadini italiani nel tempo più breve possibile servono un numero adeguato di vaccini, un piano logistico e organizzativo efficiente e strutture capaci di somministrare le due dosi rapidamente e nel corretto intervallo”, ha inizialmente specificato il commissario straordinario nella sua lettera al Corriere. E poi è entrato nel dettaglio della distribuzione dei vaccini: “L’Italia ha promosso un sistema centralizzato, conferendo all’Ue la responsabilità di negoziare con le aziende produttrici, di acquistare il massimo numero possibile di dosi e di ripartirle fra i Paesi membri in percentuale alla popolazione. A noi tocca il 13,46 per cento. Non solo: tutti i Paesi si sono impegnati a non procedere ad acquisti diretti. È stata ed è una bella pagina dell’Europa”.
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Dunque il numero di dosi riservato per il nostro Paese dipenderebbe da decisioni prese all’interno dell’Unione europea, non sarebbero di diretta responsabilità del governo. Ha continuano Arcuri: “Sono stati opzionati i vaccini di 6 aziende che porterebbero in Italia 178 milioni di dosi quest’anno e 48 nel 2022. Poi serve che l’autorità di certificazione europea, l’Ema, e quella italiana, l’Aifa, ne autorizzino l’immissione in commercio. Sino ad oggi l’Ema ha autorizzato soltanto il vaccino prodotto da Pfizer-Biontech. Nei prossimi giorni tutti facciamo il tifo perché venga autorizzato quello di Moderna“.
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Nell’ultima parte del paragrafo dedicato al piano vaccinale, si intuisce qual è il problema. L’Italia starà pur seguendo l’iter per la somministrazione del farmaco, ma il difetto sta alla base: non arrivano abbastanza dosi. Ha sottolineato infatti il commissario: “All’Italia spettano quest’anno 40 milioni di dosi Pfizer: si comincia con 2.349.750 a gennaio e 1.879.800 a febbraio, con una frequenza di 470mila dosi la settimana. Ecco la risposta alla prima domanda: la Pfizer è la sola azienda autorizzata a immettere in commercio il proprio vaccino; lo distribuisce ai Paesi Ue in percentuale alla loro popolazione; all’Italia spetta il 13,46 per cento; riceviamo quindi 470mila dosi a settimana. Saremmo i primi a volerne molti di più. Perciò aspettiamo Moderna: sarebbero altre 20 milioni di dosi per l’Italia”.
Stando a quanto spiegato dall’immunologo statunitense Anthony Fauci, per raggiungere l’immunità di gregge sarebbe necessario vaccinare tra il 75 e il 95 per cento della popolazione sopra i 15 anni, se prendesse piede la variante inglese. Ma in Italia per somministrare due dosi al 75 per cento della popolazione sopra i 15 anni entro un anno – il tempo di efficacia del farmaco prevista – bisognerebbe effettuare 1,5 milioni di vaccini la settimana. Eppure, secondo i calcoli di Arcuri, al nostro Paese ne spettano 470 mila a settimane, che equivale a meno di un terzo del numero necessario. Ciò vuol dire che per noi sarebbe impossibile raggiungere un’immunità di gregge totale: se i numeri restassero gli stessi anche nei prossimi mesi – e anni – solo un 25 per cento della popolazione alla volta godrebbe dell’immunità da coronavirus.
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