Scuola: in Veneto e Friuli Venezia-Giulia superiori chiuse fino al 31 gennaio

In Veneto e in Friuli le scuole superiori restano chiuse fino al 31 gennaio nonostante la riapertura nazionale della scuola. Il premier Conte e la ministra Azzolina confermano l’apertura il 7 gennaio, restano al 50% le scuole superiori.

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Si rinnovano le preoccupazioni e i nodi concernenti la riapertura delle scuole. Nonostante il presidente del Consiglio Conte e la ministra dell’istruzione Azzolina abbiano confermato la riapertura, le regioni sono scettiche. Sempre più preoccupate le regioni in relazione a questa decisione governativa. Queste infatti potrebbero differire rispetto all’esecutivo, anche al primo ciclo, sui ritorni in classe degli studenti. Le preoccupazioni delle regioni riguardano il numero di contagi che non scende come dovrebbe, nonostante le restrizioni natalizie. Questo dato potrebbe far procrastinare l’inizio della scuola.

Il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, due regioni guidate dalla Lega si muovono però in controtendenza rispetto alla linea dettata dall’esecutivo. L’assessore regionale all’istruzione, Alessia Rosolen, durante una conferenza stampa ha annunciato che il presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga«ha immaginato un’ordinanza che sposti dopo il 31 gennaio il rientro in classe dei ragazzi delle secondarie di secondo grado». «Ovviamente ci sono possibilità di intervenire da qui al 31 gennaio, a seconda di come la curva epidemiologica si modificherà nelle prossime settimane».

La chiusura delle scuole superiori fino al 31 gennaio in Veneto «non è un problema politico, perché le ordinanze sono sul profilo sanitario», ha sottolineato il presidente del Veneto Luca Zaia. «La Regione può intervenire con ordinanze sul rischio sanitario, non è in contraddizione con le norme nazionali. Non mi sorprende che la ministra Azzolina si batta per la riapertura, perché è il ministro dell’Istruzione, ma in questo momento non è prudente. Quando abbiamo portato l’accordo delle Regioni sui protocolli per la riapertura non eravamo arrivati a questa situazione. La situazione sta degenerando e bisogna rispondere con misure ad hoc».

Veneto e Friuli

Riapertura della scuola: i nodi del dibattito

Trasporti, potenziamenti non ovunque

Il primo nodo sono i trasporti. Nonostante risorse aggiuntive e impegno a reperire anche mezzi privati, la situazione non è omogenea. Il potenziamento dei trasporti non è avvenuto in tutti i territori, e ciò ha comportato a scaglionare gli ingressi nelle scuole.

Lezioni anche nel primo pomeriggio

Il secondo nodo è lo scaglionamento degli ingressi a scuola. E qui, nei giorni scorsi, si è aperto un nuovo fronte “interno” alla scuola. L’ingresso dalle 8 alle 10 comporta un nuovo cambio di orario dei docenti – sarebbe il quarto da settembre. Questa situazione tra insegnanti pendolari e spezzoni di orari in più scuole, non sarebbe facile. Le lezioni, specie a tecnici e professionali, si allungherebbero anche fino alle 16, di fatto penalizzando anche gli studenti. Ad esempio alle superiori non è previsto il servizio mensa.

I problemi, infatti, sono uno collegato all’altro e questo rende anche più complessa la loro risoluzione. I docenti e i sindacati sono contrari a orari dilatati, ed è aspro il confronto con i dirigenti nel trovare un compromesso, spesso impossibile.

Dibattito e dubbi sulla riapertura, le regioni procedono in ordine sparso

Per questi motivi, i governatori regionali, consci anche delle ripercussioni su famiglie e sistema produttivo locale, non sono convinti di queste misure. Oltre al caso del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha chiesto infatti un nuovo confronto con il governo in vista del 7 gennaio. Le regioni stanno proseguendo in ordine sparso con misure diverse.

Nel Lazio, ad esempio, si è stabilito che, grazie ad un incremento del trasporto pubblico, il 60% degli studenti che frequenteranno in presenza entreranno alle 8, mentre il rimanente 40% entrerà alle 10. In Toscana si farà tra oggi, 4 gennaio, e domani, 5 gennaio, il punto sulle azioni in campo per riportare i ragazzi in presenza. L’Emilia Romagna si dichiara pronta alla riapertura, mentre in Campania il governatore Vincenzo De Luca ha annunciato da giorni un rientro “a tappe” dal 7 fino al 25 gennaio. In Puglia la regione intende continuare a dare la possibilità agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado di scegliere la didattica a distanza anche dal 7 gennaio ma i sindacati della scuola si sono detti nettamente contrari a questa ipotesi.

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La scuola non è luogo di contagio

A confermare il dissenso dei sindacati sulla didattica a distanza il report dell’Istituto superiore di Sanità. Nel periodo 31 agosto-27 dicembre 2020 sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, pari al 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. Il rapporto analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di Covid-19 in età scolare (3-18 anni), La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). Per Gabriele Toccafondi, commissione cultura alla Camera, alla luce di questi dati “sconcerta la rincorsa di ministri, consulenti, commissari e presidenti di regioni a non riaprire la scuola.”

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La questione si monitora di ora in ora. Al momento, l’esecutivo non vuole buttare all’aria il lavoro finora fatto: tavoli con i prefetti, riunioni (e accordi) con le Regioni, concertazione con i sindacati. E insiste: sarebbe assurdo rinviare l’apertura, come da più parti viene chiesto, all’11 o al 18 gennaio.

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