I dati Oms aggiornati al 2 gennaio continuano a mostrare un quadro sconfortante: i contagi a livello globale registrati nel giro di 24 ore sono 616.069. I numeri più alti li registrano gli Stati Uniti, seguiti da Brasile e Regno Unito. L’Italia è al quinto posto per incremento giornaliero e per decessi totali, e all’ottavo posto per numero di casi totali. Come mai?
I dati dell’Oms aggiornati al 2 gennaio fotografano, ancora una volta, una realtà sconfortante, sia a livello globale che nazionale. Sono 616.069 i contagi da coronavirus registrati nelle ultime 24 ore in tutto il mondo. In testa alla classifica si posizionano ancora gli Stati Uniti (con oltre 231mila casi), al secondo posto il Brasile (oltre 56mila casi), al terzo il Regno Unito (oltre 53mila casi). All’interno di questo quadro si inserisce anche l’Italia, che ottiene un drammatico quinto posto con 22.210 casi giornalieri (stando ai dati aggiornati al 3 gennaio della Johns Hopkins University i casi totali di coronavirus sono 2.141.201 e i decessi 74.985). Segue la Francia, al sesto posto per casi giornalieri con 19.241 nuovi contagiati. Attualmente i casi di Covid-19 nel mondo sono più di 85 milioni, mentre i morti sono 1,84 milioni. A fornire il bilancio è, ancora una volta, la Johns Hopkins University. Anche in questo caso in testa alla lista ci sono gli Stati Uniti, con oltre 20 milioni di contagiati e 351mila morti. Seguono per numero di contagi totali l’India (10,34 mln), Brasile (7,73 mln), Russia (3,2 mln), Francia (2,7 mln) e Regno Unito (2,6 mln). L’Italia in questo caso figura all’ottavo posto, registrando 2,15 mln di casi. Eppure, il tragico dato negativo dell’Italia riguarda soprattutto il numero dei morti: dopo Usa, Brasile, India, Messico, L’Italia ottiene un drammatico quinto posto tra i paesi con maggiore numero di morti su scala globale (75mila). Seguono Regno Unito (sesto posto), Francia (settimo), Russia (ottavo) e Spagna (decimo). Alla luce di questi dati, una domanda sorge spontanea: di chi è la responsabilità, soprattutto per il pessimo primato che riguarda il numero di morti?
Perché si muore così tanto?
Di chi è la responsabilità di un così alto numero di morti, dunque? Le risposte a questa domanda potrebbero essere molteplici, e soprattutto dipendono dalle motivazioni per cui si muore così tanto nel Bel Paese. Anche in questo caso, le motivazioni sono diverse, al di là della già conclamata anzianità anagrafica della popolazione. Ha provato a rispondere alla domanda l’immunologa dell’Università di Padova Antonella Viola, che su Facebook spiega: “Prima di tutto è possibile che il nostro tasso di letalità soffra di una carenza di accuratezza nell’identificazione dei positivi, nel senso che ci sono più positivi di quelli che riusciamo a intercettare. Questo è già accaduto durante la prima ondata, come dimostrato poi dall’analisi sierologica, effettuata in estate. Questo fatto da solo farebbe saltare tutti i calcoli.” Segue poi un problema di organizzazione sanitaria, che a sua volta è legata non tanto a casi di incompetenza, quanto piuttosto alla scarsità di risorse: “C’è poi un problema, rispetto alla Germania, di organizzazione ed efficienza della medicina del territorio. Abbiamo meno medici e meno infermieri, e una medicina del territorio che è stata distrutta dai tagli alla sanità. Questo significa che le persone più fragili, gli anziani, sono da noi meno seguite che in Germania. Del resto, se la Germania investe per la sanità dei suoi cittadini il doppio che l’Italia, è ovvio che gli effetti si vedano“. Un deficit evidente, che dispiega conseguenze devastanti soprattutto di fronte a una malattia in cui è necessaria tempestività, per evitare che il decorso del coronavirus sfoci nei casi più gravi. Ma tempestività vuol dire medicina di territorio. L’Italia in questo mostra ancora tutti i suoi limiti. E si vede.
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Perché la situazione non migliora?
Walter Ricciardi, attuale consigliere scientifico del ministro della Salute, ha una visione abbastanza simile della situazione e del perché l’Italia sia il primo paese in Europa con maggior numero di decessi. L’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità non ci gira intorno: la colpa è della scarsità delle risorse (mezzi e personale). Durante un suo intervento di due settimane fa presso la trasmissione Otto e mezzo, su La7, l’esperto avrebbe affermato proprio in relazione alla Germania: “Il problema non è la demografia, perché la demografia è più o meno la stessa. La differenza è nell’investimento che da 10 anni la Germania fa sulla sanità”. I risultati di queste politiche di tagli spericolati appaiono evidenti: “In Germania su 80 milioni di abitanti ci sono 28mila letti di terapia intensiva. In Italia per 60 milioni di abitanti ci sono 5mila letti di terapia intensiva. Se volessimo gli stessi parametri di organico di infermieri, dovremmo assumere 53mila infermieri. È chiaro che in Germania le persone non muoiono. Letti di terapia intensiva hanno bisogno di personale qualificato. Quando questo personale non ce l’hai, la gente muore”.