Il Direttore di Libero, Vittorio Feltri, ha raccontato del talento del grande Gigi Proietti in un editoriale: ecco le sue parole.
Il Direttore di Libero, Vittorio Feltri, sulle colonne del quotidiano, ha parlato di Gigi Proietti, il grande attore romano scomparso lo scorso 2 novembre, tracciando un profilo forse poco conosciuto dal grande pubblico. Scrive il giornalista: “Una volta mi disse: ‘Se parlo con uno di destra, mi sento di sinistra, se parlo con uno di sinistra divento subito di destra’. La prevalenza del cretino, in ogni schieramento politico, produce, nelle persone brillanti, effetti simili a quelli descritti magnificamente dall’attore romano”.
E continua: “Proietti è morto con uno sberleffo, lo scorso due novembre. È morto nel giorno dei morti, che per inciso era anche il suo compleanno, a 80 anni spaccati. Una uscita di scena così perfetta da sembrare sceneggiata da Proietti in persona. A Roma, e Gigi era un simbolo della romanità, la tragedia è teatrale, a volte sconfina nella commedia. Non aveva bisogno di testi, era sufficiente un canovaccio”.
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Feltri continua parlando del talento di Proietti: “L’attore ‘alternativo’, un po’ alla volta, verrà considerato uno di casa dall’intera nazione, il tutto senza perdere un grammo di credibilità artistica. Puoi essere pop o colto. Ma quello che conta è il talento, e Proietti ne aveva da vendere, qualunque cosa facesse”.
E racconta: “In Italia, perse la direzione del Teatro Brancaccio, lo stesso che oggi gli vogliono intitolare. Non fece polemiche, si buttò a capofitto in una impresa unica, la fondazione a Villa Borghese del Globe Theatre. Fu un altro un altro regalo alla sua città, che lo amava alla follia, come forse il solo Alberto Sordi prima di lui”.
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Il giornalista accusa il cinema italiano che, a suo dire, avrebbe sempre preso le distanze dal grande attore romano: “Che differenza con le sedicenti stelle da filmetto impegnato, da pellicola col timbro ministeriale, da teatro ‘ribelle’ rigorosamente finanziato dallo Stato, da comicità intruppata, da sceneggiatura a tesi. Il cinema italiano non l’ha mai valorizzato, al di là di qualche ruolo di culto. Eppure, l’anno scorso, l’ho visto giganteggiare nei panni di Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone”.
E conclude: “Una parte di pochi minuti in cui Proietti, perfetto, cancellava il resto del cast, pur eccellente. Cosa aveva, Gigi, che non andava bene per il cinema italiano? Il suo perfezionismo, inviso ai registi e soprattutto ai produttori, dicono in molti. La sua libertà, invisa a un mondo, quello cinematografico, che spesso si muove in gregge, e questo lo dico io”.
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