La lettera al premier Giuseppe Conte della ristoratrice mantovana Annarita Nardini: “Siamo persone, non codici Ateco”
Una lettera carica di amarezza, delusione e preoccupazione per il futuro. E’ la missiva che una ristoratrice di Mantova, Annarita Nardini, ha inviato al premier Giuseppe Conte allegando anche le foto di parte della merce ordinata solo poche settimane fa, prima delle festività natalizie, che ha dovuto buttare. Il suo ristorante – come riporta Mantovauno, che ha pubblicato la lettera – è infatti chiuso da giorni per via delle zone rossa e arancione stabilite dal Governo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Chiusura che si è trasformata in un’ingente perdita economica.
Come Annarita, tutta la categoria della ristorazione soffre enormemente il continuo alternarsi di aperture e chiusure imposte negli ultimi tempi. Per questo la ristoratrice, oltre a farsi portavoce di una neonata associazione che chiede indennizzi economici più consistenti, ha scritto direttamente a Conte. E lo ha fatto dopo essere entrata nel suo ristorante ed essere stata costretta a buttare il cibo comprato poche settimane fa, quando la Lombardia era in zona gialla e i locali erano aperti. Poi le saracinesche si sono abbassate di nuovo.
La lettera
“Buongiorno Sig. Presidente – scrive Annarita Nardini – ha passato un buon Natale? Io bene in famiglia quest’ anno”, ma “non al mio ristorante, perché chiuso. In allegato le ho messo le foto del mio locale e le foto della merce che dovrò buttare o mangiare”, “perché quando si chiude un ristorante non si abbassa la saracinesca e basta!”. E aggiunge: “Non siamo un negozio di scarpe, di abbigliamento, non siamo parrucchieri (che sono sempre aperti per il bene della persona), noi quando riapriamo non tiriamo solo su una saracinesca e diamo una spolverata al negozio… no Sig. Presidente, noi dobbiamo acquistare la merce giorni prima, fare una linea, stare in cucina giorni interi perché tutto sia pronto in maniera impeccabile all’apertura”.
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Sul rispetto delle misure sanitarie afferma: “Puliamo le nostre sale e facciamo il ricambio d’aria, puliamo con attenzione e abbiamo i gel per le mani in tutto il locale”. “Ci atteniamo ai protocolli: i nostri tavoli sono distanziati e nei nostri ristoranti non facciamo assembramento, accogliamo i clienti con il sorriso dietro a una mascherina, ma dagli occhi si vede che sorridiamo e che siamo felici di accoglierli nella ‘nostra casa’… perché il cliente nei nostri ristoranti si deve sentire a casa. Il delivery lo lasciamo fare alle pizzerie, noi siamo per l’accoglienza!”.
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Poi conclude, parlando degli indennizzi economici erogati dallo Stato. “Io ho bisogno del mio lavoro e della mia dignità. E come me tutte le persone che fanno parte di questo settore: siamo persone, non codici Ateco, se lo ricordi Sig. Presidente!”. “Visto che sono stati stanziati 645 milioni di euro per le categorie chiuse come la mia e lei ha detto in conferenza stampa che sarebbe arrivato il ‘ristoro’ (io preferisco chiamarlo indennizzo) al 100% del decreto Rilancio di aprile, ci stiamo tutti chiedendo quando saranno erogati sui nostri conti… perché oltre alle tante parole vorremmo anche i fatti!”.