Le parole di Papa Francesco durante la benedizione Urbi et Orbi
Le scoperte dei vaccini sono “luci di speranza” se sono “a disposizione di tutti”. Lo ha dichiarato il Papa nella benedizione Urbi et Orbi chiedendo di evitare che “le leggi di mercato e dei brevetti siano sopra le leggi della salute e dell’umanità”. Il Papa ha invitato inoltre a pensare che “il dolore e il male non sono l’ultima parola. Rassegnarsi alle violenze e alle ingiustizie vorrebbe dire rifiutare la gioia e la speranza del Natale.
Il pensiero di Papa Francesco
In questo giorno di festa – ha aggiunto nella benedizione Urbi et Orbi – rivolgo un pensiero particolare a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo”. “Il mio pensiero va in questo momento alle famiglie: a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa”, ha concluso.
L’appello del Papa: vincere il virus dell’individualismo
Sulla questione dei vaccini il Papa ha poi ribadito che “non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano” di aiutare chi è più in difficoltà. Occorre vincere “il virus dell’individualismo radicale che ci rende indifferenti alle sofferenze dei fratelli e delle sorelle”. Poi l’appello agli Stati, alle imprese e alle organizzazione per “promuovere la cooperazione e non la concorrenza” per rendere disponibili i vaccini “per tutti, specialmente i più vulnerabili e i più bisognosi” che sono “al primo posto”. “Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere. Siamo tutti sulla stessa barca”.
Generosi e solidali verso i più fragili
Il Papa chiede solidarietà per le donne che hanno subito violenze domestiche nel lockdown. “Il Bambino di Betlemme ci aiuti ad essere disponibili, generosi e solidali – ha detto il Pontefice nella benedizione Urbi et Orbi -, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche”.
I bambini pagano il prezzo delle guerre
Il Papa, rivolge lo sguardo alle aree maggiormente in crisi nel pianeta, in particolare “ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l’alto prezzo della guerra. I loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà, affinché siano affrontate le cause dei conflitti e ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace”. Il Pontefice auspica che possa essere “questo il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale”. Cita “l’amato popolo siriano, che da ormai un decennio è stremato dalla guerra e dalle sue conseguenze, ulteriormente aggravate dalla pandemia”. Poi il pensiero al “popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra”. Dio “rechi pace alla Libia e consenta che la nuova fase dei negoziati in corso porti alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese”.
Nella preghiera del Papa di Natale, che abbraccia i Paesi martoriati da guerre, da crisi politiche, da povertà, terrorismo, calamità naturali, il pensiero è “per il popolo libanese, affinché, nelle difficoltà che sta affrontando, col sostegno della Comunità internazionale non perda la speranza”. Chiede dunque ai “responsabili del Paese” di “mettere da parte gli interessi particolari” per “impegnarsi con serietà, onestà e trasparenza perché il Libano possa percorre un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e di convivenza pacifica”. “Il Figlio dell’Altissimo sostenga l’impegno della comunità internazionale – prosegue il Papa nel Messaggio di Natale – e dei Paesi coinvolti a proseguire il cessate-il-fuoco nel Nagorno-Karabakh, come pure nelle regioni orientali dell’Ucraina, e a favorire il dialogo quale unica via che conduce alla pace e alla riconciliazione”. Il pensiero poi al Burkina Faso, al Mali e al Niger, “colpite da una grave crisi umanitaria”.
Dio “faccia cessare le violenze in Etiopia, dove, a causa degli scontri, molte persone sono costrette a fuggire; rechi conforto agli abitanti della regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, vittime della violenza del terrorismo internazionale; sproni i responsabili del Sud Sudan, della Nigeria e del Camerun a proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso”. Lo sguardo poi al Continente americano, “particolarmente colpito dal coronavirus, che ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimono, spesso aggravate dalle conseguenze della corruzione e del narcotraffico”. Il Papa cita in particolare le “tensioni sociali in Cile” e “i patimenti del popolo venezuelano”. A soffrire sono anche “le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali”.
Dialogo tra israeliani e palestinesi
Papa Francesco auspica “fraternità” per la “terra che lo ha visto nascere. Israeliani e palestinesi possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità”. Il Papa, ha poi rivolto il pensiero a due delle minoranze più perseguitate al mondo. “Pensando all’Asia, non posso dimenticare il popolo Rohingya: Gesù, nato povero tra i poveri, porti speranza nelle loro sofferenze”. Con il pensiero all’Iraq, dove a marzo si recherà per il primo viaggio apostolico dopo lo stop a causa della pandemia, il Pontefice ha citato in particolare gli “Yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra”.
Papa Francesco: “Gesù è nato per noi”
“Gesù, è ‘nato per noi’: un noi senza confini, senza privilegi né esclusioni”. Lo sottolinea il Papa nella benedizione Urbi et Orbi. “Grazie a questo Bambino, tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli: di ogni continente, di qualsiasi lingua e cultura, con le nostre identità e diversità, eppure tutti fratelli e sorelle”.