La vittima fatta inginocchiare e poi uccisa con un colpo alla nuca. Il presunto killer confessa, ma si teme una faida di ‘ndrangheta in Liguria
Sono due le persone arrestate dai carabinieri per l’omicidio del pregiudicato francese Joseph Fedele, 67 anni, freddato con un colpo di pistola alla nuca e ritrovato morto in un fossato della frazione di Calvo, a Ventimiglia, lo scorso 21 ottobre. Il presunto killer dell’uomo è Domenico Pellegrino, 27 anni, che ieri si è costituito dai carabinieri confessando di aver ucciso Fedele. Pellegrino, assistito dall’avvocato Luca Ritzu, è stato quindi trasferito nel carcere di Marassi per essere interrogato. L’altro fermato è Girolamo Condoluci, 44 anni, accusato di favoreggiamento e i trova ora ai domiciliari a Bordighera.
I provvedimenti di fermo sono stati emessi dal gip di Genova su richiesta del pm Marco Zocco della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo ligure. Il delitto, secondo gli inquirenti, sarebbe infatti avvenuto con metodi mafiosi. La vittima sarebbe stata fatta inginocchiare e uccisa con almeno un colpo di pistola alla nuca e si sospetta che l’omicidio sia maturato nell’ambito di affari legati alla droga. Ma non si esclude nemmeno l’ipotesi di un regolamento di conti per ristabilire gli equilibri tra i clan della ‘ndrangheta di Ponente.
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Il presunto killer Pellegrino è figlio di Giovanni, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso assieme ai fratelli Roberto e Maurizio. Altra ipotesi è quella di uno scontro con le famiglie francesi della Costa Azzurra, che spesso ospitano latitanti calabresi, con le quali Fedele avrebbe fatto da ponte. Il corpo di Fedele era stato ritrovato almeno tre settimane dopo la scomparsa, il 21 ottobre. Sul cadavere erano stati trovati soldi, facendo così escludere da subito l’ipotesi dell’omicidio a scopo di rapina.
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I carabinieri, comunque, erano sulle tracce di Pellegrino ormai da giorni. Decisivo per giungere all’identificazione dei presunti responsabili del delitto è stato il recupero dell’auto della vittima a Mentone, su cui sarebbero stati trovati indizi che hanno permesso ai carabinieri di giungere alla loro identificazione. I successivi accertamenti hanno consentito di acquisire elementi di responsabilità a carico degli indagati.
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