La commovente storia a lieto fine raccontata dal Comune di Reggio Emilia. «Un’odissea lunga otto mesi. Questo è un inestimabile dono di Natale»
Si conclude con un abbraccio una «odissea di 8 mesi». Un abbraccio tra una mamma migrante e il suo bambino di soli cinque anni, perso e poi ritrovato dopo il viaggio dall’Africa all’Italia. A raccontare questa commovente storia è il Comune di Reggio Emilia, che ha pubblicato la foto dell’affettuoso abbraccio tra mamma e figlio. «Un inestimabile dono di Natale, scambiato fra loro stessi, destinato egualmente a coloro che li hanno aiutati e a tutti coloro che presteranno attenzione a questa storia, che conclude un anno di dolore e privazioni fra i più duri».
La storia inizia al pronto soccorso dell’Arcispedale Santa Mara, dove «si presentano una ragazza e un bimbo di cinque anni, che dichiarano di provenire dalla Costa d’Avorio: si sono recati in ospedale perché il piccolo non sta bene». La donna è confusa: inizialmente si presenta come la madre del piccolo, poi la zia. Fornisce informazioni «lacunose», ma alla fine «cede e racconta un’altra storia».
Racconta che il bambino non è suo parente, ma è il figlio di una donna che viaggiava con lei dalla Costa d’Avorio alla Tunisia, per raggiungere l’Italia. Questa donna si sarebbe persa nella folla e avrebbe quindi affidato il bambino all’amica. «Compiuta la traversata del Mediterraneo, dalla Sicilia la ragazza arriva a Reggio Emilia, senza documenti, senza un luogo prestabilito in cui essere ospitata e con un bambino non suo. La madre in quel momento è ancora in viaggio», si legge sul sito del Comune.
Da questo momento inizia l’odissea, tra Tribunale per i Minorenni e Servizi Sociali. Ma la madre intanto riesce a raggiungere l’Italia e finisce in un centro d’accoglienza ad Agrigento, dal quale si mette in contatto con l’amica. Dopo mesi di accertamenti e di videochiamate che fanno capire che c’è un rapporto d’affetto tra il bambino e la donna, si decide di spostarla in un centro d’accoglienza a Reggio Emilia.
Il 22 dicembre la famiglia si è finalmente riunita. «Dietro questo abbraccio, che testimonia il legame forse più sacro e riconoscente fra le persone, ci sono la volontà di spendersi per gli altri, la responsabilità e la tenacia di una ragazza, anch’essa migrante, che si è presa cura del piccolo nel lungo tempo di lontananza dalla madre, rinunciando al suo progetto di vita, e le persone, enti, istituzioni che in Italia hanno accompagnato i tre migranti nel difficile cammino».
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Viene raccontato anche il toccante momento del ricongiungimento. «La scena, e in particolare l’urlo della madre quando ha stretto a sé il suo bambino, ha creato un’emozione indescrivibile in tutte le persone, operatori e non, che in quel momento si trovavano presso la sede del Polo sociale. Il bambino nei primi momenti non ha parlato, voleva solo essere abbracciato alla sua mamma».
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Ora si attende solo la decisione del Tribunale, che deve pronunciarsi per permettere al piccolo di tornare a vivere insieme alla madre nel centro di accoglienza.
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