Famiglia italiana bloccata da un anno causa Covid: “Non riusciamo a lasciare l’Australia”. Ecco che cosa è accaduto
Le misure anti Covid in Australia tengono da circa un anno una famiglia italiana “prigioniera” a Sydney. È l’epidemiologo 47enne Gianluca Di Tanna a raccontarlo a Repubblica. Di Tanna insegna Statistica Medica alla New South Wales University. “La situazione è angosciante. Non possiamo muoverci perché avendo un permesso di soggiorno temporaneo molto probabilmente ci vieterebbero di rientrare”, spiega il professore, “Esiste una quota giornaliera di persone che possono entrare nel Paese. Oggi ancora 25.000 australiani non hanno la possibilità di tornare a casa proprio per questo motivo. I visti vengono accordati solo in casi gravissimi quindi le nostre famiglie non sono in grado di venire a trovarci. E sarebbe anche esageratamente dispendioso. Oggi un volo costa tra gli 8 e i 10.000 dollari, in più, una volta atterrati, è obbligatoria la quarantena in albergo a proprie spese. Il costo è proibitivo. Un nostro amico ha moglie e figli qui, ma dall’Italia non gli danno il permesso di raggiungerli. Una mia collega ha la figlia in procinto di partorire, ma le è stata negata la possibilità di andare da lei in Italia. La situazione è deprimente”.
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Eppure in Australia negli ultimi 3 mesi si sono registrati quasi zero contagi. Tuttavia, recentemente, si è scoperto un focolaio a Sydney, forse tramite volo giunto dagli Usa (lo staff delle linee aeree è esonerato dall’isolamento) e quindi una parte della città è in semi-lockdown. “Noi abitiamo nella zona Northern Beaches, possiamo uscire di casa, ma siamo estremamente cauti. In tanti sono in giro senza mascherine, c’è poca attenzione”, racconta Sara, 36 anni. “Avevamo in programma una festicciola di Natale con degli amici ma a questo punto li vedremo in giardino, distanziati”.
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In tanto a Sydney l’estate è entrata nel pieno, e Luna è in vacanza dalla scuola: “Non abbiamo neppure fatto l’albero di Natale perché di solito in questo periodo siamo in Italia. Abbiamo solo questo piccolino”. Il fratellino, Joshua, 3 anni, non è ancora iscritto all’asilo: “Pensavo di iscriverlo quest’anno e cercare lavoro. Ma con il Covid non me la sono sentita di mandarlo. E questa situazione si aggiunge all’ansia di essere così lontano da tutti, tagliati fuori, impossibilitati a muoverci. L’isolamento lo viviamo in modo forte, siamo arrivati qui a marzo 2019 e non abbiamo una grande rete di contatti. Penso a mia madre che a Natale sarà sola. Penso ai miei suoceri, che non hanno nemmeno internet e sentiamo solo al telefono. Quando a ottobre abbiamo detto alle nostre famiglie che non saremmo arrivati per le feste, l’hanno presa molto male. Sono tutti preoccupati, non sanno quando potranno rivederci. Noi speriamo, davvero tanto, di riuscire a tornare per il Natale 2021″.
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Di Tanna affronta poi il tema vaccini, affermando che “qui i vaccini non sono partiti. Puntavano molto su quello dell’Università del Queensland ma purtroppo, arrivato in fase 3, è stato fermato per dei problemi. Così si sono rivolti, tardi, a Pfizer e Biontech. Forse lo approveranno a fine gennaio ma non hanno alcuna fretta. Per due motivi: nonostante il lockdown abbiamo un solo cluster di 90 casi e poi temono che le persone vaccinate possano comunque trasmettere la malattia. Quindi intendono aspettare per avere più informazioni su questo siero. E noi, come expat, con permesso di soggiorno temporaneo, è probabile che non ne avremo diritto e saremo comunque gli ultimi della lista. Siamo trattati come cittadini di serie B. Nonostante questo, devo ammettere che l’Australia ha gestito la pandemia benissimo. Il contact tracing funziona alla perfezione. Da febbraio, in totale, abbiamo registrato meno di 40.000 casi positivi”.
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