Il fisico Roberto Battiston prevede riaperture differenziate per Regioni a gennaio. L’Rt è fermo, ma il Coronavirus varia da zona a zona.
Mentre il Coronavirus continua a far paura e a bloccare la nostra quotidianità, si susseguono le ipotesi e i pareri degli esperti. L’ultimo a fare il quadro della situazione è il fisico Roberto Battiston. “L’indice di trasmissibilità Rt, che oggi si attesta a 0,91, continua a mantenersi pressoché stabile da tre settimane, senza scendere in modo apprezzabile,
perché il contagio sta camminando a velocità differenti nelle varie Regioni”, ha riferito l’esperto. In effetti, che il contagio vari da zona a zona è stato provato più volte, tant’è che l’Italia è corsa ai ripari attraverso misure differenziate. Un elemento, quello della variabilità, di cui bisognerà tenere conto in vista delle riaperture del 7 gennaio, sostiene Battiston.
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“E’ evidente che la distinzione tra zone gialle, arancioni e rosse a novembre ha premiato soprattutto quelle che hanno adottato misure più stringenti”, spiega il fisico dell’Università di Trento. Oggi, quindi, ci troviamo in una situazione molto variegata. Regioni come Toscana, Umbria e Valle d’Aosta sono riuscite a ridurre drasticamente il numero di infetti attivi. Ma in altre Regioni, come Veneto e Trentino, “il motore dell’epidemia è ancora attivo
con l’indice Rt appena sopra 1″. Altre ancora, come Puglia e Sardegna, stanno registrando adesso il picco di infetti attivi dopo che si è spenta la fiammata della seconda ondata.
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Cosa accadrà quindi dopo il 7 gennaio? Alcune Regioni come Toscana, Piemonte e Lombardia potranno tentare la strada della riapertura con un sospiro di sollievo in più, contando su un margine di sicurezza probabilmente migliore di quello dello scorso settembre. “Avranno un Rt più basso e un numero di infetti confrontabile o di poco inferiore”, precisa Battiston. Ci sono poi casi intermedi come quello del Lazio: in queste zone, rispetto a settembre, l’Rt potrebbe essere più basso a fronte però di un
numero di infetti attivi maggiore. Più a rischio Puglia e Sardegna, dove la “riapertura potrebbe essere troppo vicina al picco massimo e quindi peggiore che a settembre”. Capitolo a parte per Veneto e Trentino, “dove rimane difficile fare previsioni dato che il numero di positivi è ancora in crescita”.
Per quanto riguarda il numero dei decessi, con oggi la seconda ondata ne conta 35.000, un numero pari a quello registrato nella prima ondata. “Considerando che le ospedalizzazioni nella seconda ondata sono superiori del 15% circa rispetto alla primavera, è ragionevole
aspettarsi che nei prossimi 10-15 giorni si contino altre 5.000-7.000 vittime”, conclude Battiston.