La proposta arriva dal consiglio nazionale dell’ordine dei Consulenti del Lavoro: non applicare gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale.
Aziende e lavoratori autonomi si trovano a dover gestire fiscalmente un anno drammatico: il 2020 delle pandemie, dei lockdown, del crollo dei profitti. Per ammortizzare il più possibile i danni registrati si sta lavorando a diverse proposte, che possano aiutare ripartire: innanzitutto considerare «neutro» ai fini fiscali il 2020, un anno difficile a seguito della pandemia e delle conseguenze economiche su tante imprese e professionisti italiani, così come ridurre le tasse e impostare il prima possibile una riforma del fisco.
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La richiesta di azzerare a livello fiscale l’annualità risponde anche ad una ulteriore esigenza delle aziende, che appena un anno fa hanno adeguato a proprie spese le proprie strutture organizzative per agevolare l’operazione Fatturazione Elettronica. Gran parte delle richieste arrivano dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, a partire dalla neutralizzazione degli ISA. Non bisogna dimenticare infatti che gli Isa (come i loro predecessori studi di settore) definiscono dei range per la dichiarazione dei redditi di artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, sulla base di quanto dichiarato negli anni precedenti. Ma utilizzare nel 2020 i parametri previsti negli anni passati sarebbe un errore clamoroso.
La richiesta è proprio quella di non applicare gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) – quelli che un tempo erano noti come «studi di settore» – per l’anno 2020 . Si tratta di un proposta arrivata dalla presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, in una lettera inviata a novembre al Ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri: «Ci sembra una richiesta quasi scontata, visto che la stragrande maggioranza delle aziende nel corso di quest’anno o è rimasta chiusa per lungo tempo o ha subito cali di fatturato enorme per la stasi dell’economia e per i divieti di circolazione imposti ai cittadini – spiega la Presidente Calderone -. Basta osservare la realtà esistente nelle nostre province per vedere aziende chiuse, ferme o praticamente inattive. Richiedere anche l’applicazione di strumenti di calcolo sintetico apparirebbe decontestualizzato». Al momento però non si registra una presa di posizione da parte del governo rispetto la richiesta della Calderone.
In particolare, il Consiglio Nazionale dell’Ordine fa notare che sono già previsti dei casi in cui non si applicano gli ISA: il comma 6 dell’articolo 9-bis del D.L. n. 50/2017 già prevede la non applicazione rispetto ai periodi d’imposta nei quali il contribuente ha iniziato o cessato l’attività oppure non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa. Inoltre, il comma 7 ha stabilito che con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze possono essere previste ulteriori ipotesi di esclusione dell’applicabilità degli indici per determinate tipologie di contribuenti. Dunque ci sarebbero già i presupposti normativi per sospendere.
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Una voce a sostegno della sospensione dei gravami fiscali in realtà si è levata, all’ interno del governo: «Il 2021 dovrà essere anno bianco per gli autonomi che hanno un reddito fino a 50mila euro l’anno e che hanno registrato un calo del 33% del proprio fatturato durante il lockdown – ha dichiarato il Ministro Luigi Di Maio – È una misura fondamentale a cui stiamo lavorando anche grazie a una seria collaborazione istituzionale con le opposizioni, seguendo il solco tracciato dal presidente Sergio Mattarella. Per tutto il 2021 dovrà essere lo Stato a farsi carico dei contributi che dovranno versare autonomi e partite iva (fino a 50mila l’anno)». Una buona notizia, dunque. Ma la domanda è un’altra, ed è abbastanza urgente: cosa dovranno dichiarare le imprese per il 2020? Quello che hanno realmente incassato o quanto previsto dai conteggi degli ISA?