L’Oms traccia l’identikit del “paziente inglese”: la nuova variante partita dal Kent preferisce chi ha meno di 60 anni. Ecco cosa sappiamo finora
Under 60, inizialmente con accento del Kent, Sud-Est dell’Inghilterra. E’ l’identikit del “paziente inglese”, il bersaglio ideale della nuova variante di Covid-19 scoperta nel Regno Unito. Una variante che preferisce i giovani e gli adulti sotto i 60 anni, secondo quando riporta l’Organizzazione mondiale della sanità in un focus in cui fa il punto su quanto si è scoperto finora.
L’analisi iniziale, ricorda l’Oms, «indica che può diffondersi più facilmente tra le persone». Mentre per stabilire con certezza se può causare una malattia più grave o se influisce sull’efficacia del vaccino sono in corso studi più approfonditi. «Fino al 13 dicembre nel Regno Unito erano stati identificati 1.108 casi. La variante è stata rilevata nell’ambito di un’indagine epidemiologica e virologica scattata all’inizio di dicembre a seguito di un aumento inaspettato nei casi di Covid-19 nel Sud-Est dell’Inghilterra».
Qui, dal 5 ottobre al 13 dicembre, si è registrato «un aumento di oltre tre volte nel tasso di notifica dei casi» calcolato sui 14 giorni. «In media, dall’inizio della pandemia, nel Regno Unito sono stati sequenziati di routine tra il 5 e il 10% di tutti i virus Sars-CoV-2 rilevati, il 4% nel Sud-Est dell’Inghilterra».
In questa specifica area, nel periodo in cui si è osservato il boom di casi «oltre il 50% degli isolati è stato identificato come variante». L’analisi «ha rintracciato la prima variante identificata nel Kent, il 20 settembre 2020, seguita da un rapido aumento più tardi nel mese di novembre. La maggior parte dei casi si sono verificati in persone di età inferiore ai 60 anni». La nuova variante è stata identificata anche fuori dai confini britannici, Italia compresa.
Rapporti preliminari del Regno Unito, prosegue l’Oms, indicano che questa variante «è più trasmissibile dei precedenti virus circolanti, con un aumento stimato della trasmissibilità compreso tra il 40% e il 70%». E continua: «Tutti i Paesi devono valutare il proprio livello di trasmissione locale e applicare adeguate attività di prevenzione e controllo, compreso l’adattamento delle misure di salute pubblica e sociali secondo guida Oms».
Poi l’agenzia sanitaria dell’Onu ricorda l’importanza delle principali forme di prevenzione del contagio: mascherine, distanziamento e lavaggio delle mani. A questi bisogna aggiungere anche il miglioramento delle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni nei reparti di emergenza degli ospedali. «È importante ricordare alle comunità e agli operatori sanitari i principi di base per ridurre il rischio generale di trasmissione di infezioni respiratorie acute».
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Soprattutto ai viaggiatori, inclusi quelli da e verso il Regno Unito, l’Oms raccomanda misure anti-contagio particolarmente rigorose. E ribadisce anche «l’importanza che in caso di sintomi indicativi di una malattia respiratoria acuta durante o dopo il viaggio, si consulti un medico informandolo della propria storia di viaggio».
«Le autorità sanitarie dovrebbero collaborare con i settori dei viaggi, dei trasporti e del turismo per fornire ai viaggiatori informazioni per ridurre il rischio generale di infezioni respiratorie acute, ai punti di ingresso di stazioni, aeroporti e così via, tramite cliniche di medicina dei viaggi, agenzie di viaggio, operatori dei trasporti».
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Conclude l’Oms: «In linea con la raccomandazione fornita dal Comitato di emergenza su Covid-19 nella sua riunione più recente, gli Stati devono riesaminare regolarmente le misure applicate ai viaggi internazionali e motivare all’Oms quelle che interferiscono in modo significativo col traffico internazionale garantendo che siano basate sul rischio e sulle evidenze raccolte, e che siano proporzionate e limitate nel tempo».
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