Il comandante del peschereccio “Medinea”, Pietro Marrone, racconta via radio i 108 giorni di prigionia in Libia: “L’ultimo carcere era al buio, condizioni difficili”
“In questi 108 giorni abbiamo cambiato quattro carceri in condizioni sempre più difficili. L’ultimo dove siamo stati era al buio, ci portavano il cibo con i contenitori di metallo. È stato davvero molto complicato: accendevano e spegnevano le luci, a loro piacimento”.
A raccontare la prigionia in Libia dei 18 pescatori sequestrati è Pietro Marrone, capitano della “Medinea”, nel primo contatto radio con l’armatore Marco Marrone dopo la partenza dal porto di Bengasi per fare rientro a Mazara del Vallo.
LEGGI ANCHE: Il ricatto libico: i vostri pescatori per i nostri calciatori
“Ieri – racconta il capitano Marrone – sono venuti a prenderci e una guardia ci ha detto: ‘Preparatevi che dobbiamo andare via’. La stessa cosa era già successo circa un mese fa, quindi nessuno di noi ormai ci credeva“.
Buon rientro a casa pic.twitter.com/MKYISFeTmV
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) December 17, 2020
LEGGI ANCHE: Pescatori liberi, l’annuncio del premier Conte
Aggiunge ancora il capitano del peschereccio: “Dopo l’annuncio che saremmo stati liberati ci siamo preparati abbiamo fatto la barba, ci siamo fatti prestare qualche bottiglia di shampoo, ci siamo lavati, ci hanno portato qualche tuta. Poi a bordo di un pullman ci hanno portato dalle nostre ‘varcuzze’ (i pescherecci, ndr). Stanotte finalmente, dopo avere ricaricato le batterie, abbiamo acceso i motori e siamo partiti. Adesso non vediamo l’ora di tornare a casa“.