Secondo due studi appena pubblicati sul British Medical Journal, i paesi ad alto reddito si sono assicurati le future forniture ma la distribuzione nel resto del mondo è ancora incerta.
Anche la distribuzione del vaccino al Covid 19 sarà soggetta alla legge non scritta che i più ricchi arrivano prima? Sembra proprio di si: due studi pubblicati sul British Medical Journal confermerebbero questa tesi, l’ennesima dimostrazione delle enormi ingiustizie sociali che tuttora determinano i rapporti di forza nel mondo. Purtroppo a rimetterci sempre sono le persone: in particolare quelle centinaia di milioni di donne e uomini per cui il vaccino non arriverà prima di quasi due anni. Il primo studio, appena pubblicato, mette in guardia rispetto al rischio che quasi un quarto della popolazione mondiale potrebbe non avere accesso al vaccino contro il Covid-19 fino almeno al 2022. Il secondo studio stima che siano circa 3,7 miliardi le persone in tutto il mondo che attendono con urgenza l’arrivo del vaccino. Questo aspetto mette ulteriormente in evidenza l’importanza di progettare strategie efficaci per garantire un corretto equilibrio tra domanda e offerta, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito. I ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, autori del primo studio, hanno analizzato la richiesta dei vaccini prima ancora che venissero approvati. Il 15 novembre 2020 diversi paesi avevano già prenotato un totale di 7,48 miliardi di dosi dai 13 produttori del vaccino anti-Covid-19 sottoposti a valutazione clinica. Poco più della metà (51%) di queste dosi (circa 3,85 miliardi di dosi), secondo gli autori dello studio, andrà ai paesi ad alto reddito, che rappresentano il 13,7% della popolazione mondiale.
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Dei tredici produttori solo sei hanno venduto il vaccino a paesi con reddito medio e basso, nonostante proprio in questi paesi vivano più dell’85% della popolazione mondiale. Anche in questo caso si conferma il fatto che le risorse mondiali (in questo caso i vaccini) siano sempre a disposizione di chi le può pagare di più: e quindi pochi hanno tanto, e tanti hanno poco o niente. Sempre secondo lo studio, a queste percentuali di popolazione “a basso reddito” spetterebbe fino al 40% dei cicli di trattamento: ma affinchè questi numeri divengano reali sarà necessario che i paesi ad alto reddito condividano le loro quote di vaccino. Altra variabile decisiva, il fatto che Stati Uniti e Russia si rendano disponibili a una cooperazione a livello globale. Gli autori della ricerca affermano che se anche tutte le aziende riuscissero a raggiungere la loro massima capacità produttiva, almeno un quinto della popolazione mondiale non avrebbe accesso ai vaccini fino al 2022. I paesi ad alto reddito si sono assicurati le future forniture di vaccini anti-Covid ma l’accesso per il resto del mondo è incerto. “I governi e i produttori potrebbero fornire garanzie indispensabili per un’equa distribuzione dei vaccini anti-covid attraverso una maggiore trasparenza e responsabilità su questi accordi”, concludono i ricercatori.
Dello stesso tenore il secondo studio, che ha focalizzato l’attenzione sulla tipologia di persone che dovranno per prime ricevere il vaccino. I ricercatori, con sede in Cina e negli Stati Uniti, hanno stimato le popolazioni target per le quali sarebbero necessari i vaccini, per aiutare nello sviluppo di strategie di distribuzione eque in tutto il mondo.
Le dimensioni dei target di popolazione mutano notevolmente anche e sopratutto in base alla regione geografica, agli obiettivi del vaccino (come il mantenimento dei servizi essenziali di base, la riduzione dei casi gravi e l’arresto della trasmissione del virus) e all’impatto del diffuso ‘scetticismo vaccinale’ (la poca fiducia nel vaccino per diverse motivazioni) nella riduzione della domanda. Le fasce prese in esame comprendono i lavoratori in ambito sanitario, le forze di polizia e militari, le persone di età superiore ai 60 anni e agli 80 anni, le donne in stato di gravidanza e così via. Il 68% circa della popolazione globale è disposta a vaccinarsi, e questa percentuale è utile per individuare un piano strategico focalizzando le priorità della vaccinazione a livello globale, nazionale e regionale. Ogni paese dovrebbe quindi valutare diverse strategie basate sull’epidemiologia locale, sullo stato di salute della popolazione e fare proiezioni delle dosi disponibili.
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In Europa la prima a far partire una campagna di vaccini è stata la Gran Bretagna, l’8 dicembre. Ma le vaccinazioni sono partite già anche in altri paesi, come negli Stati Uniti. A gennaio 2021 sarà il turno del resto d’Europa. Secondo gli autori dello studio un elemento decisivo a garantire l’accesso ai vaccini anti-Covid a tutte le popolazioni del mondo, e dunque a porre fine a questa devastante epidemia mondiale, sarà la disponibilità degli Stati Uniti a partecipare e collaborare a programmi globali di diffusione del vaccino.