Uno studio scopre che il nuovo Coronavirus si è mescolato nel nostro Paese creando “ricettacoli nascosti” di varianti genomiche che continuano a circolare. “Sono le persone che nutrono questi focolai a dover essere vaccinate subito”
Di fronte alla seconda ondata della pandemia da Sars-Cov-2 in Europa, che sta costringendo a nuovi e generalizzati lockdown anche paesi come l’Olanda che non ne avevano fatti durante la prima, molti si chiedono come e perché tutto ciò sia accaduto. Le opinioni sul tema sono tante e perlopiù focalizzate sulle “colpe” come la rilassatezza estiva degli italiani. A mancare sono invece dati certi e indagini accurate.
Un’eccezione, al momento limitata al solo caso italiano, è quella fornita dallo studio condotto da alcuni ricercatori inviato a “Nature”, postato su “MedRxiv” e commentato da Antonio Cassone, membro dell’American Academy of Microbiology, sulle pagine del quotidiano La Repubblica.
Cassone spiega che il pool di 28 esperti italiani, americani e brasiliani – coordinati da Massimo Ciccozzi del Campus Bio-Medico di Roma e da Davide Zella dell’Institute of Human Virology di Baltimora – ha dimostrato che il pur efficace lockdown di marzo ci ha lasciato, celati e diffusi sul territorio nazionale, pacchetti di varianti virali (ben 13) che gli autori chiamano “hidden reservoirs”, ricettacoli nascosti.
“Molto interessante, anche se limitata da un numero non grande ed una non-omogenea distribuzione delle sequenze genomiche degli isolati virali in Italia, è la raffinata analisi di questi cluster di varianti genomiche durante l’intero ciclo epidemico”, evidenzia Cassone.
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Da questa analisi, coerente con i dati epidemiologici, si evince con chiarezza che piccoli cluster di varianti italiane del virus, non introdotte dall’esterno, residuate nel nostro territorio e non-identificate dopo la prima fase primaverile, hanno fatto coalescenza, cioè si sono allargati e mescolati fra loro. Con la seconda ondata queste macchie di virus si sono poi diffuse su larga scala coprendo tutto il territorio nazionale.
Questo spostamento è stato agevolato dalla mancanza di distanziamento sociale in estate e dalla grande mobilità di persone, tra le quali tanti asintomatici infettati da una di queste varianti.
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“Il modello utilizzato suggerisce due cose: la prima, direi abbastanza scontata, che i lockdown, quantunque estesi e perfettamente implementati, non eliminano la circolazione del virus – conclude Cassone – La seconda, meno ovvia e già largamente dibattuta, incide sulle priorità vaccinali. Se infatti si vuole dare un colpo al virus prima che si raggiunga l’immunità di gregge, sarebbe opportuno continuare a ricercare i piccoli focolai ‘nascosti’ e vaccinare le persone che nutrono questi focolai“.
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