Container per salme all’aperto: celle frigorifere ospedale strapiene per aumento decessi

Container per salme all’aperto: celle frigorifere ospedale strapiene per aumento decessi. La conferma dall’Ulss 9

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Disposto a Legnago (Verona) un container frigo per le salme davanti all’ospedale locale, sito in un cunicolo tra due ali del nosocomio per conservare i corpi dei defunti a causa del Covid. Si tratta di una scelta dovuta all’incremento dei decessi, testimonianza del fatto che l’ospedale di Legnago è al collasso, col Pronto Soccorso quasi fuori controllo, posti letto per malati di Covid giunti al 207% di quelli previsti da Ulss 9 e Regione (secondo il Quotidiano Sanità). Lì, tra venerdì e domenica, hanno montato addirittura un ospedale da campo per cercare di dare respiro al Pronto soccorso. Questo farebbe comprendere anche la difficile situazione di Verona che dai bollettini risulterebbe la provincia veneta con maggiori contagi.

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Il bollettino di ieri mostrava 495 nuovi contagi, con 6 decessi e gli ospedali allo stremo: 2.945 ricoverati causa Coronavirus, di cui 372 in terapia intensiva. E l’emergenza è proprio all’ospedale di Legnago, dove i posti letto occupati dai malati Covid è giunto al 207% di quelli previsti. “Non è possibile andare avanti così, con i morti che non sappiamo più dove mettere, con il personale allo stremo. Anche ieri ho avuto notizia di altri 4 operatori del Pronto soccorso di Legnago contagiati. Siamo oltre i 35 casi tra il personale di questa struttura, tra cui 10 medici”, spiega Sonia Todesco, segretaria settore sanità Cgil Veronese. “Tanto che come organizzazioni sindacali di Verona, Cgil, Cisl e Uil, stiamo predisponendo una lettera da inviare già domani (oggi per chi legge, Ndr) al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per chiedere che Verona venga messa in zona rossa e si applichi la misura del lockdown perché altrimenti gli ospedali collasseranno”.

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Il primario Francesco Pratticò del Pronto Soccorso di Legnago spiega:”Al momento abbiamo raggiunto la saturazione, tutte le terapie intensive sono piene di pazienti intubati. Abbiamo dovuto raddoppiare i posti letto inventandoci spazi anche dove non c’erano, mancano solo i ripostigli. Noi medici stiamo lavorando su 13-15 turni mensili da 12 ore ciascuno. Si tenga conto che per lavorare in condizioni ottimali di concentrazione e riposo non dovremmo superare i 12 turni. Stesse settimane di fuoco anche per gli infermieri. Arrivano pazienti in continuazione, con le ambulanze che escono e rientrano cariche, tutte insieme, senza sosta”.

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