Roberto Burioni chiarisce cosa distingue il tampone molecolare da quello rapido, spiegando quali sono gli esami più utili per individuare un paziente positivo al Covid-19.
Il virologo Burioni sostiene che per individuare chi può trasmettere il virus effettuare un test sierologico, anche quando si ha a che fare con persone asintomatiche, «è pressoché inutile». Questo perché servono ad individuare la presenza di anticorpi, indice di una infezione avvenuta in passato. «Se il test sierologico è positivo – aggiunge – il paziente può essere non infettivo perché gli anticorpi possono essere dovuti a una infezione già risolta. Se il test è negativo, il paziente potrebbe essere nella fase iniziale della malattia». Il test sierologico, quindi, non serve a individuare chi ha contratto il virus.
Il tampone molecolare
E’ quello molecolare il tampone utilizzato per individuare la presenza del Covid-19 in un paziente. «La PCR – Polymerase Chain Reaction, ovvero la reazione polimerasica a catena – permette di individuare la presenza del genoma Rna del virus nelle secrezioni raccolte sulle mucose». Il metodo è stato considerato estremamente efficace perché permette di vedere solo il genoma del Covid-19 e la presenza anche di una sola molecola di Rna virale risultato positivo. Come spiega Burioni «questo può essere allo stesso tempo un vantaggio e uno svantaggio. Da un lato, quando l’esame è negativo assicura in modo affidabile la non infettività del paziente in quel momento. Dall’altro dimostrando la presenza non del virus ma del genoma. E se si ha un risultato positivo anche con poche molecole presenti, è probabile che alcuni dei positivi non siano più infettivi»
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I tamponi rapidi
I tamponi rapidi, invece, non mostrano la presenza del genoma del virus, ma delle sue proteine. «Funzionano come i test di gravidanza – spiega Roberto Burioni – ma, i tamponi rapidi rilevano la presenza di proteine del virus direttamente sul tampone». Mentre il test molecolare «dimostra la presenza di due sole molecole di Rna virale, il tampone rapido ha dimostrato, sino ad ora, la presenza di almeno 20mila proteine virali».
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«Grazie ad alcuni virologi tedeschi – conclude – che hanno messo a confronto le prestazioni di più test antigenici rapidi, è stato possibile dimostrare la presenza, nel tampone di pazienti positivi, di poche decine di virus in grado di infettare».