E’ probabile che sia in arrivo una nuova stretta sulle misure di Natale e Capodanno per contenere la curva dei contagi ed evitare quella che è stata definita una terza ondata. Ha già avuto inizio la riunione tra governo e regioni per dare un volto specifico alle intenzioni sul tavolo, che prevedono, per una parte del governo, un approccio più rigoroso per le festività. Intanto Conte si consulta con il Cts. Il premier non appare troppo convinto dalla svolta rigorista.
Ha da poco avuto inizio il vertice tra governo e regioni convocato dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia con l’intento di stabilire le nuove misure da applicare per le festività natalizie. Sul campo, una possibile stretta in senso rigorista su quanto già previsto dall’ultimo Dpcm. A richiedere un cambiamento di rotta, probabilmente, sia gli assembramenti venutisi a creare nelle principali città italiane lo scorso weekend, sia le strette imposte a livello europeo, tra cui quella della Germania (che raggiunge un nuovo record di morti nelle ultime 24 ore, toccando i 952 decessi). Un confronto reso necessario, al di là delle motivazioni sopraelencate, anche e soprattutto dai numeri: sono stati 14.844 i contagi e 846 i morti nelle ultime 24 ore. Numeri che, in quanto a decessi, continuano a non scendere, o a mostrare una flebile flessione. La giornata di oggi quindi si aprirà con una riunione alla quale parteciperanno da un lato il ministro degli Affari regionali Boccia, il ministro della Salute Roberto Speranza e il commissario Domenico Arcuri; dall’altro lato, le regioni. Segue l’appuntamento delle 12:30, quando il premier Giuseppe Conte si aggiornerà con i capi delegazione delle forze di maggioranza per decidere a proposito della stretta. Intanto il premier appare ancora restio a cedere a una svolta rigorista per le festività, soprattutto dopo l’emanazione di un Dpcm in base al quale gli italiani hanno organizzato il loro rientro a casa.
A lasciar trasparire la linea del governo, intanto, è stato il ministro Boccia che, intervistato ieri a DiMartedì, avrebbe affermato: “Fino al 6-7 gennaio è più utile chiudere per tutti. Vogliamo chiudere il più possibile. Penso che sia molto responsabile anche da parte nostra essere conseguenti. A maggio eravamo arrivati allo 0.5 di indice contagio, di Rt, ma avendo avanti giugno luglio e agosto. Ora grazie alla misure già prese siamo su quella strada ma abbiamo di fronte gennaio, febbraio e marzo e dobbiamo essere responsabili”. Poi ancora, i propositi per l’anno nuovo: “Dobbiamo sapere che dal 7 gennaio si riparte, ma si riparte mettendo in sicurezza le reti sanitarie il più possibile. Se non lo facciamo durante le feste di Natale, quando dobbiamo farlo…”. Poi qualche anticipazione su quanto dovremmo aspettarci, soprattutto nei giorni festivi: ”In questo momento la decisione che si aspetta riguarda tre giorni, ovvero 25, 26 e 31 dicembre, tutto il resto del periodo è già sottoposto a prescrizioni molto chiare”.
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A coadiuvare le decisioni della politica, anche il parere del Comitato tecnico scientifico che, stando a quanto riportato da Adnkronos, ieri è stato chiamato a fornire indicazioni all’esecutivo. Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, a Cartabianca avrebbe riportato qualche indicazione sul confronto avvenuto: “E’ stata una giornata particolarmente complessa e difficile, con un dossier delicato da discutere. Abbiamo avuto animate discussioni tra 26 persone che devono dare indicazioni rilevanti, è normale che ci siano opinioni diverse e contrapposizioni. Alla fine abbiamo raggiunto un accordo su un’indicazione, è necessario inasprire le misure di controllo della pandemia. Lockdown totale? E’ un’indicazione che nessuno si è sentito di dare, usciamo da 2 mesi di restrizioni piuttosto significative che in alcune parti del paese hanno dato risultati”.
Alla fine, infatti, il verbale del Cts non nomina nessun lockdown totale. Gli scienziati si limitano a dire di essere “molto preoccupati”, anche in vista del periodo natalizio che presenta “rischi specifici relativi alla mobilità e alla aggregazione nei contesti familiari e sociali”. Per questo richiedono “grande prudenza” e un potenziamento dei controlli.
Ma Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, non teme di pronunciare quelle due parole (lockdown totale) e afferma senza giri di parole: “Non ci si rende conto che siamo in una situazione di guerra”. Per Ricciardi, la soluzione ha un “nome e cognome: lockdown”. I numeri impietosi li racconta a DiMartedì: “Il numero di morti supererà quello del 1944, quando la gente si rendeva conto della guerra perché le bombe cadevano e uccidevano. Ora questi morti non si vedono, ma io ogni sera sento i colleghi che non ce la fanno più. Abbiamo il numero di morti più alto in Europa, con la metà dei nostri morti l’Olanda va in lockdown. Con un terzo dei nostri morti, la Germania va in lockdown. Cosa ci vuole di più per capire?”.
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