Eseguito un sequestro da 34 milioni di euro a carico del gruppo ospedaliero per una truffa sull’acquisto di protesi ai danni della Lombardia.
Un nuovo scandalo sta investendo il settore Sanità. È ancora una volta per il sistema delle cosiddette note di credito che la Procura di Milano muove contestazioni ad ospedali del Gruppo San Donato, destinatari di un decreto di sequestro preventivo d’urgenza per oltre 34 milioni di euro. Il sistema, stando alle indagini, ricalca quello della presunta truffa sui farmaci emerso in un’altra inchiesta: le case farmaceutiche avrebbero venduto agli ospedali del gruppo farmaci che lo stesso gruppo si sarebbe fatto rimborsare dalla Regione a prezzo pieno, omettendo di indicare gli sconti praticati.
Come risulta dal decreto di sequestro, sono indagati Stefanato (già arrestato con Cavallazzi nell’indagine ‘gemella’ sulla truffa alla Regione sui farmaci), l’ospedale San Raffaele, il Policlinico San Donato, l’Istituto Ortopedico Galeazzi, gli Istituti Ospedalieri Bresciani, gli Istituti Ospedalieri Bergamaschi, gli Istituti Clinici Zucchi, l’Istituto Clinico Villa Aprica, gli Istituti Clinici di Pavia e Vigevano, tutte strutture facenti capo al gruppo San Donato.
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I fatti riguardano gli anni dal 2013 al 2018, quando ciascuna di queste strutture avrebbe beneficiato, secondo l’accusa, di un ingiusto profitto, per essersi fatta «rimborsare da Regione Lombardia il costo sostenuto per l’acquisto delle endoprotesi, omettendo di indicare – viene sintetizzato negli atti – le note di credito ricevute dai fornitori, a scomputo del prezzo di acquisto a seguito del raggiungimento di alcuni obiettivi».
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Il pm Storari ha già chiesto il processo per cinque società che fanno parte del Gruppo per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, oltre che per Stefanato, Cavallazzi, per tre ex manager dell’azienda farmaceutica Mylan spa, per uno della Bayer e per la stessa casa farmaceutica, oltre che per Novartis Farma spa, sempre per la legge sulla responsabilità amministrativa. Ora non resta che attendere che la giustizia faccia il suo corso.