Sono ore, giorni fondamentali per comprendere quale sarà il destino di un governo sempre più schiacciato dai dibattiti su Mes e Recovery Plan. In attesa di capire se questa crisi verrà superata oppure no, può esser utile analizzare gli scenari futuri in caso di caduta del governo. Il quadro che emerge è evidente: sono tutti sconsigliabili. Per questo, forse, la maggioranza deciderà di tirare la cinghia il più possibile.
Mes, Recovery Plan, Italia Viva che minaccia l’apertura di una crisi, il silenzio inquietante del Pd, le scissioni del Movimento 5 Stelle, Tajani di Forza Italia che si dice pronto a collaborare con Matteo Renzi. Qualche settimana fa il vero pericolo per la tenuta del governo sembrava arrivare da Silvio Berlusconi e dalla sua disponibilità a collaborare. Allora si era parlato di rimpasto, tutti avevano negato, il Cavaliere aveva ribadito di voler restare all’opposizione. Incassato il voto sulla legge di Bilancio, si è tirato un sospiro di sollievo, che però non è durato troppo. Ora sono Mes (su cui la crisi sembra rientrare) e Recovery Plan a tenere sotto scacco il governo. Letto altrimenti, gettando un occhio agli equilibri interni di potere: è la maggioranza ad incrinarsi, dall’interno. Si incrina perché non trova una quadra su due punti troppo importanti per poter soprassedere in caso di Caporetto. Oppure si incrina anche perché quella volontà di rimpasto di governo – allontanata qualche settimana fa – in realtà continua a restare. Insomma, forse non si arriverà alla caduta del governo, ma le premesse non sono buone.
Perché il governo è entrato in crisi
Ma procediamo con ordine. Da un lato è arrivato qualche segnale incoraggiante sul tema Mes, dove per evitare di perdere il voto al Senato, martedì i partiti di maggioranza si sono riuniti per trovare una sorta di compromesso che fosse in grado di mettere tutti d’accordo. I giornali, citando fonti vicine agli interessati, parlando di accordo “soddisfacente per tutti i gruppi”. L’intesa riguarda l’approvazione della riforma del Mes ma anche l’individuazione di una linea comune per proporre nuove riforme del Meccanismo. Nel frattempo, però, crescono i dissidenti all’interno del M5s, che nel Parlamento europeo perde 4 eurodeputati, pronti a passare ai Verdi: Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao ed Eleonora Evi. Come fa notare l’Huffpost, il passaggio è avvenuto anche se – scelta ponderata o errore di calcolo – i Verdi europei sono favorevoli alla riforma del Salva Stati. Il voto sulla riforma del Mes in Senato arriverà probabilmente in serata.
Preoccupa molto di più, invece, il Recovery Plan, sul quale Italia Viva continua a frenare, minacciando di aprire la crisi di governo: il partito riterrebbe inaccettabile la governance proposta da Conte per la gestione del Recovery Plan. A detta di Iv la presenza di una cabina di regia, di sei supermanager incaricati di compiti fondamentali e di circa 100 esperti andrebbe a ridimensionare in maniera eccessiva il ruolo dei ministri. Su questo tema, durissime le parole di Matteo Renzi: “Insistere su una misura che sostituisce il governo con una task force, la seduta del Parlamento con una diretta Facebook e che, addirittura, pretende di sostituire i Servizi segreti con una fondazione privata voluta dal premier, è una follia. Noi abbiamo mandato a casa Salvini per non dargli i pieni poteri, ma non è che i pieni poteri li diamo a Conte”.
In tutto questo il Pd interviene a favore del premier e contro gli attacchi renziani. A parlare il ministro della Cultura Dario Franceschini, che ribadisce: “Sulla struttura del Recovery Plan è stato fatto un lavoro positivo. Tutto il resto, dalle accuse di moltiplicazione delle poltrone ai presunti golpe mascherati, fa parte di un dibattito strumentale che ha altri obiettivi e che prescinde completamente dal merito delle norme stesse”. Eppure è pesato molto il silenzio del Pd, interrotto solo ora, un silenzio che lascia presagire rapporti non buoni all’interno della maggioranza. Ed effettivamente nel partito cresce l’ala che, almeno sul Recovery Fund e sull’attacco al premier, darebbe ragione a Renzi. L’area ex renziana guidata da Andrea Marcucci conta 25 senatori su 35.
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Pericolosi scenari futuri
All’interno di questo quadro, con ancora più di seicento morti al giorno, una pandemia in corso, una crisi economica profondissima e un’Europa in attesa di risposte, probabilmente tutti gli attori di questa commedia non credono fino in fondo in una svolta radicale. Forse non conviene a nessuno incentivare la caduta del governo. Probabilmente ciò a cui punta Italia Viva è, al massimo, un rimpasto di governo che gli consentirebbe di ottenere qualche ministro in più. Anche perché i numeri dei sondaggi non sono affatto piacevoli per il partito. Eppure le fila si muovono, in politica si gioca di strategia, ma a volte queste strategie possono sfuggire di mano. Tanto vale, allora, analizzare possibili scenari in caso di caduta del governo.
Senario 1: le maggioranze variabili. Stando a quanto sottolineato dal Corriere, Mattarella avrà gli occhi ben puntati sul voto di oggi al Mes. Ciò che andrà ad osservare, al di là del risultato del voto, è anche la composizione del voto: quanti sì derivano dall’opposizione e quanti dalla maggioranza? In caso di troppi sì provenienti dall’opposizione, il presidente della Repubblica potrebbe valutare di porre all’attenzione del premier l’ipotesi delle “maggioranze variabili“. A quel punto il premier Giuseppe Conte dovrebbe convocare un vertice di maggioranza per fare il punto della situazione e rispondere a una domanda cruciale: la coalizione così composta, ha ancora senso di esistere? Insomma, al di là del voto di oggi, il governo Conte 2 rischia di rimanere in bilico almeno fino a gennaio. Se a quel punto i contrasti diventeranno troppo frequenti e insanabili, Mattarella dovrà prendere in considerazione l’ipotesi di intervenire, magari con un cambio di maggioranza e un riequilibro degli asset di governo. Intanto il flirt è già iniziato. Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, ha commentato a proposito del Recovery: “Matteo Renzi ha ragione, io accetto la sfida, sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza europea per il bene del Paese e per renderlo competitivo. Sono d’accordo nel mettere insieme le nostre energie”.
Scenario 2: il governo tecnico. A riportare le indiscrezioni su un possibile governo tecnico è Dagospia, secondo cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avrebbe affidato un messaggio ai quirinalisti Breda, Magri e Folli, un ultimatum rivolto ai partiti di maggioranza: se il Mes non passerà, la soluzione della crisi arriverà dalla fine del governo giallorosso. A questo punto – riporta il sito – l’ipotesi più probabile riguarda la nascita di un governo di transizione, un vero e proprio governo tecnico in grado di sostituire il governo Conte dopo la sua caduta. L’esecutivo potrebbe esser guidato da Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale, già ipotizzato prima della seconda nomina a premier di Giuseppe Conte.
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Scenario 3: le elezioni. A valutare questa terza ipotesi è l’agenzia di stampa Agi, che sottolinea come il Capo dello Stato abbia fatto intendere più volte la sua risoluzione a prendere provvedimenti immediati, in caso di voto negativo alla riforma sul Mes. All’interno di questo quadro, il Quirinale potrebbe anche ricorrere al tanto ventilato voto anticipato, la legge elettorale per farlo c’è. Una soluzione poco gradita ad Italia Viva, i cui numeri nei sondaggi non sono incoraggianti. E una soluzione poco gradita anche agli italiani, ai quali bisognerà spiegare non solo perché si è giunti alla caduta del governo, ma anche perché – nel mezzo di una pandemia – si è deciso di tornare alle urne, smuovendo soldi, tempo, energie e contagi. Per questo sale il nervosismo al Colle, stando alle indiscrezioni riportate da Agi, ma lo scenario delle elezioni anticipate non sembra ancora escluso, almeno ufficialmente. Ma difficilmente i partiti vorranno lasciare la cabina di comando tornando alle urne, difficile anche che si pensi di mobilitare in fretta e furia un’elezione in piena pandemia. Se Mattarella fosse costretto a prendere questa decisione, potremmo raccontare alle generazioni future di quando in Italia l’epidemia imperversava, la fame mordeva, e i carrozzoni della campagna elettorale sfilavano tra le macerie.