Siamo al tragicomico. Due mesi fa ci dissero: “Vi chiediamo un ultimo grande sforzo per un Natale più libero e sereno”. Palestre, ristoranti, teatri, cinema e via discorrendo che, con un ultimo urlo di disperazione misto a speranza, accettavano di richiudere i battenti per l’ennesima volta e senza un aiuto economico degno di tal nome dal Governo del rigore e della prudenza. Il risultato è che il 4 di questo mese abbiamo capito che ci hanno chiuso più o meno parzialmente, a seconda delle regioni, per poi richiuderci anche sotto le feste natalizie, dando forse l’ultimo calcio alla nostra libertà e l’ultima picconata ad un’economia in ginocchio e morente.
Di scelte intelligenti, bisogna ammetterlo, ne sono state fatte molte: cosa c’è di più proficuo per un ristoratore se non abbassare le serrande a cena nel mese di Natale, dove è noto che si lavora pochissimo oppure, non trovate geniale l’idea di chiudere gli impianti sciistici in questo periodo? Ma si dai, ormai sciare è un’abitudine in disuso, i ristoranti e gli hotel delle località invernali si fottessero, tanto il russo che va a buttare i soldi lo trovano sempre e non importa se gli italiani andranno ad invadere le piste austriache o francesi, anzi li puniamo con quattordici giorni di quarantena.
In più mangiate e ingrassate perché le palestre (dove il rischio contagio è ai minimi termini) ve le manteniamo chiuse, diamo 800 euro un tantum ai titolari delle attività e che se le facciano bastare. Non sazi di questi e altri scempi, Conte e soci hanno anche deciso che dal 21 dicembre al 6 gennaio non potrete andare a trovare i vostri parenti fuori regione, perché gli spostamenti saranno vietati, a meno che non vogliate muovervi il 20 e tornare il 7, tanto non lavorate mica voi, meglio stare con i suoceri 18 giorni, allegria.
Il 25 e 26 l’esecutivo si è superato, perché se abitate a Milano e avete vostra madre che
Speranza, Conte e soci hanno avuto maggio, giugno, luglio, agosto e parte di settembre per non pensare ai bonus monopattino e investire milioni di euro sulla costruzione di nuovi reparti di terapia intensiva, specie nelle regioni che hanno una sanità piuttosto debole e non sono poche: centoventi giorni più o meno per fronteggiare il ritorno di un virus che, come tutti suoi stretti parenti fra influenze e polmoniti più serie, tutti sapevano avrebbe fatto il suo ritorno con l’arrivo dell’inverno. Il risultato è stato prossimo allo zero e allora via, richiudiamo tutto, mentre l’unica cosa da fare per una volta era dire: scusateci, dobbiamo lasciarvi in casa perché siamo semplicemente degli incompetenti.
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