Covid, “curva decessi in calo da Natale”. Ecco perché e quali scenari potrebbero paventarsi tra fine anno e l’inizio del nuovo
Secondo l’Ihme, istituto Usa finanziato da Bill Gates, i morti per Covid a gennaio potrebbero raggiungere quota 90 mila. Per vedere finalmente un calo bisognerà attendere ancora alcuni giorni, perché pare che il numero dei decessi Covid in Italia resterà alto ancora per un po’. Non si esclude, tra l’altro, che tornino bollettini pesanti come quello del pomeriggio di 2 giorni fa quando il bollettino dei decessi ha raggiunto quota 993 (ieri 814). Si tratta di un calo atteso poco prima di Natale, tra il 20 e il 23 dicembre, sempre secondo le proiezioni dell’Ihme (Institute for health metrics and evaluation).
“Probabilmente resteremo in un plateau fino ad allora”, dice Lorenzo Monasta, epidemiologo del Burlo Garofolo di Trieste, collaboratore con l’Ihme per il nostro Paese. “Non bisogna guardare ai dati quotidiani, quando si studiano i morti, perché spesso le notifiche dei decessi arrivano con qualche giorno di ritardo. Meglio fare una media mobile basata su più giorni“. Secondo i calcoli dell’Ihme, che prevedono scenari un po’ pessimistici, a fine gennaio in Italia si potrebbero registrare circa 90mila decessi, ossia 30 mila in più rispetto al momento attuale. E pare che il virus non smetterà così presto di mietere vittime. “E del resto stiamo ancora vedendo un numero di nuovi casi alto“, prosegue Monasta, “molto superiore ai 20 mila“.
Il perché la suddetta curva di decessi non sia ancora scesa lo spiega Graziano Onder, responsabile dipartimento malattie cardiovascolari dell’Iss, che periodicamente prepara rapporti sui decessi causati dal Coronavirus. “In base ai nostri dati, mediamente passano circa due settimane tra il tampone positivo e il decesso. Però è plausibile che in certi casi possa trascorrere anche un mese, come sostengono alcuni colleghi”. Negli ultimi giorni, il numero di nuovi contagiati sta scendendo e l’Rt è calato sotto l’1.
Tuttavia, c’è da attendere ancora prima di vedere un reale calo delle morti. C’è anche da dire che il tempo che passa da tampone alla morte in questa seconda ondata non si differisce poi tanto dalla prima fase, come hanno notato Onder e i suoi colleghi. “Non sta crescendo, cosa che dimostra come dal punto di vista delle terapie non sono stati fatti grandi progressi”, commenta Onder, “Ha dato alcuni risultati giusto il cortisone, qualcosa forse fanno le eparine a basso peso molecolare per certi casi, ma non ci sono antivirali che combattano il coronavirus“. Altro particolare da notare è che i decessi sono distribuiti in modo diverso: “Vediamo dati più alti perché adesso non si muore per Covid solo al Nord, come nella prima fase, ma anche al Centro e al Sud“.
C’è uno studio che conferma le osservazioni di Onder e che fa un report periodico in merito per il ministero alla Salute, il Dipartimento di epidemiologia e prevenzione (Dep) del Lazio. La suddetta ricerca fa un ‘analisi dei dati di mortalità delle anagrafi di 32 Comuni italiani, confrontandoli poi con le morti attese in base a quelle occorse nei 5 anni precedenti.
Secondo Marina Davoli, a capo del Dep Lazio, nel corso della seconda ondata c’è stato un aumento della mortalità inattesa superiore alla prima, proprio perché si è incrementato il numero di decessi nelle città del Centro e del Sud. L’ultimo rapporto pubblicato dal ministero mostra come nella prima parte di novembre, nei Comuni del Nord c’era il 75% in più di decessi rispetto alle previsioni mentre in tutto il Paese, il 46%. Nelle fasi più difficili della prima ondata pandemica, le percentuali erano 72% e 10%.
Ergo, sarebbe in particolare quanto sta accadendo nel Centro-Sud a far aumentare i decessi inattesi nella seconda ondata. Negli ultimi 2 mesi, sono morte per Covid 22mila persone, mentre tra il 15 marzo e il 15 maggio ne sono morte circa 29.500.
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