In Gran Bretagna la somministrazione del vaccino anti Covid-19 verrà avviata a breve, ancor prima che negli Stati Uniti. I Paesi europei, invece, dovranno ancora attendere qualche mese.
Annuncio inaspettato e guardato tra invidia e sospetto (forse) dal resto dei Paesi europei. Mercoledì 2 dicembre, infatti, la Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (ovvero l’agenzia del farmaco britannica) ha reso nota l’ufficializzazione del vaccino Pfizer-BioNtech contro il Covid-19. Una strategia, secondo l’Unione europea, “frettolosa e problematica”, soprattutto se si considera la “nuova tipologia” del vaccino e all’uso che ne verrà fatto, somministrandolo su larga scala. Tant’è che in Europa la prolissa burocrazia legata ai controlli, ai test e alle autorizzazioni, farà slittare l’inizio della somministrazione capillare delle dosi tra gennaio e febbraio.
Il Regno Unito, tuttavia, si è ormai tirato fuori dall’Ue. E, come già spiegato in precedenza, la Brexit ha in questo senso “aiutato” il Paese a prendere decisioni che si discostano alla politica europea. Un passo, questo, che sta tornando utile ai sostenitori del governo Johnson. “Grazie alla Brexit non siamo più legati all’agenzia europea, l’Ema, e siamo in grado di prendere una decisione basata sul via libera della nostra autorità di regolazione nazionale, un regolatore di prim’ordine a livello mondiale, non secondo l’andatura degli Europei che si muovono un po’ più lentamente”, aveva non a caso sottolineato (propagandisticamente) il ministro della Salute britannico, Matt Hancock.
Da non sottovalutare, inoltre, i precedenti del Paese in merito all’adozione di pratiche di vaccinazione pionieristico-innovative, a volte ai limiti dell’azzardo. Come ricorda il Corriere, infatti, già per combattere l’epidemia di vaiolo, l’Inghilterra fu la prima nazione a introdurre la pratica dell’inoculazione, ai tempi di avanguardia farmacologica e portone che ha spalancato al futuro il vaccino in senso moderno.
Chiaramente, i pregiudizi e le perplessità emerse a seguito dell’annuncio della Mhra non si placano certo guardando al passato. L’Ema (agenzia del farmaco europea) è ancora in fase di valutazione per quanto riguarda il vaccino a mRNA prodotto da Pfizer-BioNTech, così come per quello di Moderna – attesi rispettivamente per il 29 dicembre 2020 e il 12 gennaio 2021. Mentre anche negli Stati Uniti, in leggero ritardo rispetto ai cugini britannici, l’FDA annuncerà l’eventuale via libera per le dosi tra il 10 e 17 dicembre.
Ma l’Mhra non ha mancato di chiarire i punti della sua posizione a coloro che additano alle sue procedure come “affrettate”, degli acerbi frutti nati dai tagli sui controlli. In questo senso, riporta ancora il Corriere, l’agenzia avrebbe riepilogato i “motivi del vantaggio” in questa “corsa al vaccino” con la metafora di “una scalata di una montagna“, dove “è avvantaggiato chi parte per primo“. E il Regno Unito, sottolinea l’agenzia, con in mano i dati di giugno e con l’arrivo di quelli sulla fine del trial di Pfizer-BioNTech (rilasciati lo scorso 10 novembre) “si trovava già al campo base” da qualche settimana.
Ad ogni modo, l’Mhr ha anche più volte smentito la mancanza di controlli e di revisori terzi. E in effetti, l’appovazione finale del vaccino è stata siglata dal Commission on Human Medicines (Chm), l’ente consultivo scientifico del governo – al cui vertice vi è Sir Munir Pirmohamed, illustre genetista-farmacologo dell’Università di Liverpool.
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La corsa al vaccino del Regno Unito, infine, non risulta poi diversa da quella europea: la nazione cerca infatti di avvantaggiarsi quanto possibile sull’immunità di gregge, cercando al contempo di accorciare il percorso verso la ripresa dei settori economico, sanitario e sociale che la pandemia ha seriamente danneggiato. Se il Paese ha la possibilità di farlo, poiché non più vincolato dalla linea geopolitica europea (dove l’Ema coordina 27 membri e preferisce somministrare il vaccino “sotto la canonica autorizzazione controllata”, “anziché sotto autorizzazione d’emergenza”), in un momento difficile come questo “rischiare” potrebbe rivelarsi la strategia vincente. Perché anche per quanto riguarda il rilancio dell’economia, “è avvantaggiato chi parte per primo”.
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