A regalare una fotografia della situazione attuale, l’ultimo rapporto Censis, il 54esimo. Il rapporto è stato presentato oggi in diretta streaming da Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, e Giorgio De Rita, segretario generale. Dal rapporto emergerebbero due dati: da un lato il largo consenso dei cittadini nei confronti delle misure di contenimento, dall’altro l’aumento delle disuguaglianze. L’epidemia ha “squarciato il velo sulle nostre vulnerabilità strutturali” – scrive l’istituto – e ha allargato la distanza tra garantiti e non garantiti.
Arriva il report del Censis, il 54esimo, che cerca di restituire la fotografia sociale ed economica del paese. E ciò che emerge non è un bel vedere. Lo studio è stato presentato oggi in diretta streaming da Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, e da Giorgio De Rita, segretario generale. Ora possiamo dirlo: l’Italia dipinta dal rapporto è un’Italia sempre più spaccata, in cui le maglie fragili della popolazione (autonomi, precari, donne, studenti) sono sempre più fragili; e i miliardari sempre più ricchi. Nonostante questo, aumenta il consenso per le misure introdotte dal governo durante la pandemia. Stando a quanto emerge dal rapporto, ad esempio, il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, accettando che lo stato vada a regolamentare quando e come uscire di casa, chi incontrare, come muoversi. Per l’80% è giusto non allentare le misure di contenimento per il Natale. Insomma, da un lato le testimonianze tangibili dei danni che il virus sta infliggendo ai lavoratori più fragili, dall’altro una propensione a scegliere la salute.
I ricchi sempre più ricchi
Stando a quanto riportato dal Censis, l’epidemia ha “squarciato il velo sulle nostre vulnerabilità strutturali”, allargando la distanza tra garantiti e non garantiti. A farne le spese, soprattutto autonomi, precari, donne e giovani. Dall’altro lato, aumentano i profitti dei ricchi. Ma quanti sono questi ricchi? Stando a un’indagine effettuata sui patrimoni, 1.496.000 individui, il 3% degli adulti, possiedono il 34% della ricchezza dell’Italia. All’interno di questi ultimi, sono 40 i miliardari, un numero che è cresciuto e guadagnato di più proprio durante la prima ondata di coronavirus. Inoltre, in genere sembra migliorata la condizione di tutti i “garantiti”, ovvero di tutti coloro che (non necessariamente ricchi) riescono a percepire una rendita fissa. Sorprendentemente, rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità entrata nel portafoglio finanziario degli italiani è incrementata di ben 41,6 miliardi di euro, registrando un +3,9%. Un risultato inedito, che ora porta il portafoglio finanziario complessivo degli italiani a superare i 4.400 miliardi.
I poveri sempre più poveri
Dall’altro lato, i non garantiti, costretti a barcamenarsi tra disoccupazione e precariato. E gli italiani hanno percezione di tutto questo. Così come hanno percezione di ciò che distingue chi ha un posto fisso da chi non ce l’ha, perché autonomo o precario. Per l’85% degli intervistati l’attuale emergenza coronavirus avrebbe consolidato la distanza che intercorre tra chi ha la sicurezza di una rendita fissa (3,2 milioni di dipendenti pubblici e 16 milioni di pensionati) e chi, invece, deve fare i conti con l’instabilità e la depressione del mercato del lavoro. Tra chi ha maggiormente paura, il 53,7% dei dipendenti nelle piccole imprese, i dipendenti del settore privato a tempo determinato e le partite Iva. A questi vanno aggiunti gli scomparsi: 5 milioni di persone attive nei servizi, “inabissatesi senza far rumore”. Tra i lavoratori autonomi, solo il 23% ha potuto dichiarare di aver ottenuto profitti invariati. Così viene meno non solo un’ascensore sociale, ma anche il coraggio di rischiare: solo il 13% delle persone intervistate si dice ora pronto ad aprire un’impresa.
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La crisi occupazionale colpisce soprattutto giovani e donne, che insieme hanno perso ben 457.000 posti di lavoro durante la crisi. All’interno di questo quadro, non è un caso che i bonus siano stati ben accolti soprattutto dai giovani (l’83,9%). E’ la società “sfibrata dallo spettro del declassamento sociale, in cui il 50,3% dei giovani vive in una condizione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori alla loro età”. Anche per questo l’Italia è stata definita dal Censis “una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica”.
Numeri molto negativi anche per il lavoro femminile. Il secondo trimestre di quest’anno avrebbe registrato un tasso di occupazione totale che registra un divario di 18 punti, a sfavore delle donne. Il tasso di occupazione maschile, nel secondo trimestre, era del 66,6%, mentre le donne registrano 18 punti in meno. Nella fascia di età che vai dai 15 ai 34 anni, sono 32 su 100 le donne occupate; mentre nella fascia di età 25-49 solo una donna su tre ha un’occupazione. La percezione del mondo del lavoro è ancora più inquietante: il 93% delle donne che potrebbe lavorare (circa due milioni di donne) dichiara di esser disponibile a lavorare, ma di non cercare attivamente un posto di lavoro. Così aumenta di 4,8% la percentuale di donne influenzate da aspettative negative sul mondo del lavoro. Ma, al netto di difficoltà occupazionali e crisi economica, la tendenza a rivalutare il mondo del lavoro sembra condivisa a tutta la posizione italiana. Il Censis rileva in generale una “certa disaffezione nei confronti del lavoro e della sfera lavorativa”.