Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando dice la sua al Corriere a proposito di Next Generation Eu, Mes, politica italiana e molto altro: “Può essere sbagliato, in presenza di alternative, dire ‘O Mes o morte’ ma può essere suicida dire ‘Mai il Mes'”.
Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando in un’intervista al Corriere dice la sua su Mes, Next Generation Eu e sul ruolo del governo in relazione all’Europa e all’opposizione. In generale, a proposito del lavoro del governo afferma: “Non ci nascondiamo che su molte cose si stenta. Noi siamo soprattutto preoccupati del fatto che ai dossier che si sono accumulati si possano aggiungere anche quelli che saranno prodotti dal processo di gestione del Next generation. Questo diventerebbe non tanto uno smacco per il Pd ma un problema per il Paese”.
Insomma, il rischio per Orlando è che il Next Generation Eu passi dall’essere uno strumento ad essere un pericolo politico e non solo. All’interno del pacchetto di aiuti dall’Europa, tra l’altro, c’è un altro elemento che sta facendo traballare la politica italiana: il tanto contestato Mes. Su questo punto Orlando ribadisce la necessità di poterne parlare apertamente, abbandonando ogni tabù: “Io penso che sia comprensibile, sino ad un certo punto, che in un momento come questo si glissi sulle questioni più divisive. Ed è anche ragionevole che si tolga al Mes ogni carica ideologica. Però mi pare che siamo tutti d’accordo che sulla sanità ci voglia un significativo investimento e se il Recovery dovesse tardare, a meno che i nostri partner di governo non abbiano particolari strumenti persuasivi nei confronti di Orban, il tema di avere un flusso finanziario diventa fondamentale. Insomma, può essere sbagliato, in presenza di alternative, dire ‘O Mes o morte’ ma può essere suicida dire ‘Mai il Mes’”.
A tutto questo si aggiungono questioni che non hanno direttamente a che fare con la gestione dell’emergenza, ma che indirettamente influenzano questa capacità di gestione: gli umori ondivaghi interni alla maggioranza, la difficoltà ad accordarsi su alcuni punti fondamentali, il rapporto di lealtà tra Pd e M5s. Su questo Orlando commenta, a proposito dei tavoli in corso nella maggioranza: “Quello sul programma, sta dando dei risultati al momento accettabili, ci sono dei nodi non banali da sciogliere, ma comunque sono stati fatti dei passi avanti. Quello delle riforme invece è fermo e quindi è inevitabile chiedere a Conte un’iniziativa perché noi abbiamo sostenuto tutte le indicazioni contenute nei 27 punti del programma e siamo stati leali. Adesso chiediamo la stessa lealtà agli altri, anche nei confronti di quegli italiani che con i tagli dei parlamentari e senza legge elettorale non saranno rappresentati”.
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Insomma, come a dire: il taglio dei parlamentari era nel programma e il Pd ha mantenuto la parola (turandosi il naso), ora tocca al Movimento 5 Stelle collaborare per le proposte del Pd. Eppure, vien da sé, che un tono di questo tipo non lascia presagire rapporti rosei tra i due partiti. Per questo, e anche per la disponibilità di Forza Italia, si è parlato molto di rimpasto di governo. Ma su questo Orlando ribadisce: “Noi abbiamo sempre detto prima si valutano le cose da fare poi si discute su chi le deve fare e se chi le sta facendo è adeguato. Aver alterato questa sequenza secondo me ha inquinato le acque”.
Ma cosa sta accadendo esattamente sul Mes? E che ruolo gioca Forza Italia in tutto questo? Il prossimo 9 dicembre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte presenterà al Parlamento la riforma del Mes, su cui è stato trovato un accordo lunedì scorso dai ministri delle Finanze europei. Il tentativo del premier sarà allora di ottenere l’approvazione del Mes in Parlamento, in modo da riportare il “sì” al Consiglio europeo del 10 e dell’11 dicembre. Eppure, qualcosa non va. Il Mes, in genere, è un’istituzione intergovernativa che si rivolge a paesi in difficoltà economica. Ha una dotazione di 80 miliardi di euro, ma consentirebbe di raccogliere sui mercati finanziari fino a 700 miliardi di euro. Ma questi soldi sono elargiti in base a un piano di riforme che ogni paese richiedente deve presentare. Il piano, se le modifiche dovessero esser confermate, sarebbe sottoposto a sorveglianza e il Mes – al pari di Commissione europea e Bce – avrebbe il ruolo di “seguire e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria, e sostenibilità del debito”. Secondo chi si dice contrario al Mes, questo rappresenterebbe un’invasione insopportabile sulle decisioni di un paese, qualcosa di molto simile alla tanto temuta Troika. A questo si aggiunge la riforma raggiunta dai ministri delle Finanze europei lunedì scorso. Tra i cambiamenti degni di nota, l’anticipazione dal 2024 al 2022 del cosiddetto “paracadute” destinato al fondo salva-banche, finanziato dalle banche europee. A questo si aggiunge un ulteriore elemento, che si differenzia dal Mes in sé e per sé: la linea di credito Mes destinata al finanziamento delle spese sanitarie.
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La questione si è riaperta recentemente, dopo il cambio di passo di Forza Italia: il partito di Berlusconi avrebbe ritirato il proprio parere positivo nei confronti del Mes. Questo ha creato tensioni sia in maggioranza che all’interno del partito stesso, che presenta al suo interno componenti a favore del Mes. In questo modo, Fi si schiererebbe sul fronte della Lega, di Fdi e del M5s. L’ex premier Silvio Berlusconi si sarebbe detto favorevole alla linea di credito dell’Ue (quindi favorevole al Mes sanitario) a luglio. Martedì 1 dicembre, tuttavia, è arrivata una specifica sul Mes in genere: “Non sosterremo in Parlamento la riforma del MES perché non riteniamo che la modifica del Meccanismo di Stabilità approvata dall’Eurogruppo sia soddisfacente per l’Italia e non va neppure nella direzione proposta dal Parlamento europeo”. I motivi sarebbero due: “Il primo: le decisioni sull’utilizzo del fondo verranno prese a maggioranza dagli Stati. Il che vuol dire che i soldi versati dall’Italia potranno essere utilizzati altrove anche contro la volontà italiana. Il secondo: il fondo sarà europeo solo nella forma perché il Parlamento europeo non avrà alcun potere di controllo e la Commissione europea sarà chiamata a svolgere un ruolo puramente notarile”. Confermato, invece, il suo appoggio al Mes sanitario. Parole che sembrano fare i conti con l’appello (o piuttosto la minaccia) lanciata da Matteo Salvini poco prima su Facebook: “Chi voterà la riforma non sarà più nostro compagno di strada”.
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