Michal Bobek, avvocato generale, interpreta la causa sollevata dall’Ungheria sul tema della violazione dello stato di diritto, che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto del Paese nel Consiglio dell’Unione europea.
L’Ungheria ha presentato ricorso sul voto di censura del Parlamento europeo. Il Primo ministro Viktor Orban ha sollevato una causa in quanto ritiene illegittime le votazioni che hanno avviato le procedure in favore dell’applicazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea contro Budapest, che potrebbero portare alla sospensione del diritto di voto nel Consiglio per violazione dello stato di diritto. Egli ritiene infatti che ai fini del calcolo per il raggiungimento della maggioranza dei due terzi dei voti espressi si sarebbero dovute tenere in considerazione le astensioni e che il Parlamento,
non avendolo fatto, ha violato i requisiti. Sul tema si è espresso Michael Bobek, avvocato generale.
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Michael Bobek crede che la Corte dell’Unione europea debba respingere il ricorso contro la risoluzione del Parlamento europeo sull’avvio di una procedura ai sensi dell’articolo 7, per l’esistenza di un evidente rischio di violazione dello stato di diritto. Egli, riferendosi a quanto sostenuto dal Primo ministro Viktor Orban, infatti, sostiene che da un punto di vista strettamente linguistico i termini ‘astensione’ e ‘voto espresso’ si escludano a vicenda. Per questa ragione non si sarebbero in alcun modo potute tenere in considerazione le astensioni.
Nel regolamento, inoltre, è esplicitato che per l’approvazione o il respingimento di un testo “entrano nel calcolo dei voti espressi soltanto i voti a favore e contro, salvo nei casi in cui i trattati prevedano una maggioranza specifica“. Ne va da sé che, poiché l’espressione ‘voto espresso‘ implica che una persona abbia attivamente espresso il proprio parere attraverso un voto favorevole oppure contrario ad una determinata proposta, le astensioni siano per natura nulle.
L’avvocato generale ha affermato inoltre che il ricorso, benché ammissibile in quanto la procedura dell’articolo 7 comporta conseguenze legali per lo Stato membro, è assolutamente infondato. Il parere di Michael Bobek non è giuridicamente vincolante, ma nonostante ciò infligge un duro colpo all’Ungheria. Solitamente, infatti, tali pareri sono buoni indicatori di ciò che avverrà. Adesso toccherà ad ogni modo alla Corte esprimersi nelle prossime settimane.
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