L’emergenza Covid-19 ha creato problemi inediti nei rapporti tra le famiglie ed i collaboratori domestici come colf, badanti e baby sitter. L’Unione nazionale consumatori ha per questa ragione stilato delle linee guida per la gestione dei contratti.
In Italia sono attualmente 850 mila i collaboratori domestici (colf, badanti e baby sitter) con un contratto regolare. L’emergenza Covid-19, tuttavia, ha causato dei cambiamenti nei rapporti professionali tra questa categoria di lavoratori e le famiglie. Talvolta, infatti, i datori scelgono di privarsene, poiché preferiscono non incontrare persone estranee al nucleo familiare o perché rimanendo più tempo a casa preferiscono occuparsi da sé delle faccende. Per questa ragione in alcuni casi la collaborazione non viene più ritenuta essenziale. Non mancano, tuttavia, anche i casi in cui il dipendente è impossibilitato a continuare a lavorare. L’Unione nazionale consumatori, per questa ragione, ha stilato un vademecum per la gestione dei contratti.
Nel caso in cui il datore di lavoro non ritenga più essenziale la collaborazione domestica può procedere in due modi. Il primo è la sospensione della prestazione professionale, ad esempio facendo utilizzare le ferie o i permessi maturati o ancora da maturare. “Ciò significa che il collaboratore domestico percepirà la retribuzione sotto forma di questi due istituti e continuerà a maturare i contributi, che dovranno poi essere pagati come sempre tramite Mav disposto dall’Inps“, spiega l’Unione nazionale consumatori.
Una alternativa è la sospensione della collaborazione con un anticipo di una quota del Tfr, il trattamento di fine rapporto. In questo modo la colf, badante o baby sitter avrà una risorsa a cui attingere durante i mesi in cui non lavorerà, ma al tempo stesso il datore di lavoro sarà esente dal pagamento dello stipendio e dei contributi per il periodo di sospensione. I nuovi termini del contratto ad ogni modo devono essere accettati da entrambi i soggetti e la sospensione deve essere comunicata all’Inps.
Il licenziamento, invece, può essere attuato soltanto in un caso. “Soltanto se è il collaboratore domestico a rifiutarsi unilateralmente si può procedere con la sospensione del rapporto senza accordo, o in extremis, al licenziamento, nel caso in cui la prestazione è da ritenersi essenziale, come ad esempio assistenza ad anziani o bambini. Difatti, il settore del lavoro domestico è escluso dallo stop delle attività previste dai Decreti, perciò la scelta di non recarsi al lavoro è da ritenersi come assenza ingiustificata”, sottolinea l’Unione dei consumatori. In caso di conclusione del rapporto professionale, dunque, vanno rispettati da entrambe le parti di giorni di preavviso, in quanto la categoria non è soggetta allo stop dei licenziamenti.
Nel caso in cui il dipendente sia impossibilitato a recarsi a lavoro per malattia, causata dal Covid-19 o meno, la procedura non è cambiata rispetto al passato. “Il dipendente deve inviare al datore di lavoro il certificato medico, e i giorni di assenza saranno indennizzati come malattia. Al lavoratore spetta la retribuzione per un massimo di 8 (per anzianità fino a 6 mesi), 10 (per anzianità da più di 6 mesi a 2 anni), 15 (per anzianità oltre i 2 anni) giorni. Fino al 3° giorno gli spetta il 50% della retribuzione, e dal 4° giorno in poi, il 100% della retribuzione“, spiega l’Unione dei consumatori.
Il collaboratore domestico, infatti, continua ad avere il diritto a non perdere il posto di lavoro nel periodo di malattia. La durata di quest’ultimo varia in base all’anzianità di servizio: da un minimo di 10 giorni fino ad un massimo di 180 giorni.
Il 1° ottobre 2020 è entrato in vigore un nuovo contratto, che scadrà il 31 dicembre 2022, per i collaboratori domestici. Essi vengono riuniti nella categoria di “assistenti familiari“, superando la distinzione tra colf, badanti e baby sitter. A tali figure si aggiunge quella degli educatori formati. Con questa dicitura vengono definiti gli operatori che svolgono funzioni di supporto a persone non autosufficienti e/o a bambini che necessitano di assistenza quotidiana. I dipendenti, inoltre, vengono suddivisi in 4 diversi livelli in base alle loro competenze a cui corrispondono due parametri retributivi.
Le famiglie, da parte loro, dovranno sostenere maggiori costi. È infatti entrato in vigore dal 1° ottobre 2020 un sistema di indennità aggiuntive da 100 a 116 euro a chi assiste bambini fino al sesto anno di età o per agli assistenti familiari di livello “C Super” e “D Super” che si occupano di più di una persona non autosufficiente. Dal 1° gennaio 2021 a godere di un aumento retributivo mensile di 12 euro saranno invece i lavoratori domestici inquadrati nel livello medio B Super.
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Infine, i dipendenti con un contratto a tempo pieno e indeterminato ed una anzianità di almeno sei mesi potranno usufruire di 40 ore annue di permesso retribuito da utilizzare per frequentare corsi di formazione, elevati a 64 ore annue per percorsi formativi riconosciuti e finanziati dall’Ebincolf. Nuovi permessi retribuiti anche per visite mediche documentate, per le pratiche legate al rinnovo del permesso di soggiorno e al ricongiungimento familiare per i dipendenti stranieri.
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