La donna aveva chiesto il congedo per accudire il bambino appena nato dopo l’inseminazione artificiale, ma l’azienda glielo ha negato costringendola a richiedere un mese di aspettativa oltretutto non retribuito. Per i giudici il comportamento di Ats è stato ingiusto e penalizzante così è arrivata la sentenza definitiva.
Ha negato il congedo parentale a una donna, sua dipendente che era appena diventata madre, solo perché lesbica. Così l’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Milano è stata condannata per omofobia dal Tribunale del capoluogo lombardo, una sentenza che potrebbe aprire la strada ai congedi parentali per le coppie gay, rappresentando una svolta.
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La storia risale al marzo 2020, quando la dipendente dell’Azienda milanese era diventata mamma grazie all’inseminazione artificiale avvenuta in Spagna insieme alla compagna. Una volta rientrata in Italia aveva così chiesto il congedo parentale che spetta a tutte le coppie con un figlio a carico. Di fronte al diniego dell’azienda, la donna si è vista costretta chiedere un mese di aspettativa non retribuita ma ha deciso di fare causa all’azienda, vincendola.
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Il datore di lavoro aveva giustificato la propria scelta facendo leva sulla mancanza di chiarezza delle leggi in tema di genitorialità all’interno delle coppie omosessuali. Ma i giudici milanesi non hanno accolto la motivazione della controparte. E’ stato un atto ingiusto e penalizzante quello dell’azienda che adesso dovrà pagarne le conseguenze. La legge infatti afferma che data la documentazione attestante che il piccolo è figlio di entrambe le madri, “é sottratta al datore di lavoro ogni valutazione in merito alla sussistenza del legame genitoriale”. Anche perché, hanno aggiunto, se la stessa documentazione fosse stata presentata da una coppia eterosessuale le valutazioni non ci sarebbero state e questo gesto di omofobia è assolutamente da condannare.