Caso Regeni, Procura pronta a chiudere indagini ma Egitto replica: prove insufficienti. Ecco che cosa sta succedendo
La Procura di Roma è pronta a chiudere le indagini sulle cinque persone che appartengono ai servizi segreti egiziani, accusate di aver rapito Giulio Regeni. Lo ha riferito il procuratore Michele Prestipino al procuratore generale d’Egitto, Hamada al Sawi, in un incontro in videochiamata. “Il procuratore generale egiziano”, si legge in una nota, “nel prendere atto della conclusione delle indagini preliminari italiane, avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio che ritiene costituito da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. In ogni caso la procura generale d’Egitto rispetta le decisioni che verranno assunte, nella sua autonomia, dalla procura della Repubblica di Roma“.
“La Procura Generale d’Egitto ritiene che l’esecutore materiale dell’omicidio di Giulio Regeni è ancora ignoto“, è scritto in una nota congiunta degli uffici giudiziari egiziani e italiani. Il procuratore Hamada al Sawi ha detto di “aver raccolto prove sufficienti nei confronti di una banda criminale accusata di furto aggravato degli effetti di Regeni che sono stati rinvenuti nell’abitazione di uno dei membri della banda criminale“.
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Secondo il procuratore egiziano, infatti, “le indagini hanno accertato che la stessa banda aveva già compiuto atti simili ai danni di cittadini stranieri, tra i quali anche un altro cittadino italiano e alcune testimonianze acquisite hanno consolidato il quadro probatorio. Inoltre il modus operandi della banda è caratterizzato dall’utilizzo di documenti contraffatti di appartenenti alle forze dell’ordine. La procura generale dell’Egitto ha spiegato che procederà per queste ragioni nei loro confronti con la chiusura provvisoria delle indagini, incaricando gli inquirenti competenti di intraprendere tutte le misure necessarie per giungere all’identificazione dei colpevoli dell’omicidio. La procura della Repubblica di Roma prende atto della decisione della procura generale di Egitto“.
I genitori di Giulio Regeni commentano così l’accaduto:”Prendiamo atto dell’ennesimo incontro infruttuoso tra le due procure. Le strade tra le due procure non sono mai state cosi divise. In questi anni abbiamo subito ferite e oltraggi di ogni genere da parte egiziana, ci hanno sequestrato, torturato e ucciso un figlio, hanno gettato fango e discredito su di lui, hanno mentito, oltraggiato e ingannato non solo noi ma l’intero Paese”.
I genitori del ricercatore ucciso in Egitto, precisano, inoltre, che “se da un lato apprezziamo la risoluta determinazione dei nostri procuratori che hanno saputo concludere le indagini, senza farsi fiaccare né confondere dai numerosi tentativi di depistaggio, dalle interminabili dilazioni e dalle mancate risposte egiziane, d’altra parte non possiamo che stigmatizzare una volta di più la costante e plateale assenza di collaborazione da parte del regime che continua a non rispondere alla rogatoria del 29 aprile 2019 e non ha neppure voluto fornire l’elezione di domicilio dei 5 funzionari della National Security iscritti nel registro degli indagati due anni fa”.