Samuele Cenciarelli, l’amico di Willy Monteiro Duarte, è tornato a parlare due mesi dopo la morte del ragazzo capoverdiano. Cosa direbbe ai suoi assassini? “Niente, mi fanno schifo, stampate la faccia di Willy sulla parete della loro cella”.
Sono passati ormai più di due mesi dalla tragica scomparsa di Willy Monteiro Duarte. Il ragazzo originario di Capo Verde è morto lo scorso 6 settembre, dopo essere stato vittima di un violento pestaggio. L’episodio è avvenuto a Colleferro, dove un gruppo di ragazzi ha preso di mira un amico di Willy, Samuele Cenciarelli. Forse alla base di questo malumore da parte della banda c’erano alcuni apprezzamenti poco graditi alla fidanzata di uno dei componenti. A un certo punto, il ragazzo di origini centro-americane ha provato a inserirsi nella vicenda, ma per tutta risposta è stato picchiato a morte.
Le immagini di quel pestaggio sono ancora davanti agli occhi e nella testa di Samuele Cenciarelli. L’amico di Willy Monteiro Duarte ne ha parlato con i colleghi de La Repubblica, in uno speciale finito nell’edizione odierna. E ripensa alla paura che ha avuto, durante il suo pestaggio e mentre vedeva il suo amico indifeso e ucciso: “Potevo essere Willy, potevo essere io quello nella bara. Io non so se quanto è accaduto il 6 settembre è frutto del razzismo. Però una cosa la so: quando sono caduto a terra io, hanno smesso di pestarmi. Quando è caduto a terra Willy, hanno infierito fino alla fine”.
Samuele è stato il testimone chiave, colui il quale ha consentito di risalire al fratelli Bianchi, due tra gli esecutori dell’omicidio. E quando gli viene chiesto quando ha avuto il coraggio di testimoniare, lui svela qual è stata la ragione: “Lo dovevo a Willy. Con Willy avevamo deciso di tatuarci sulla coscia la frase ‘almeno te racconteremo che se semo divertiti da pischelli’, che era una delle cose che finivamo sempre per dire nei nostri discorsi. Gli piaceva la musica. E sarebbe diventato un grande cuoco. Ci conoscevamo fin da bambini, negli ultimi tre anni eravamo diventati inseparabili”.
I racconti che Samuele Cenciarelli fornisce durante l’intervista scorrono come un fiume in piena. È evidente che Willy manchi tanto al suo migliore amico. E soprattutto vuole ricordare la sua capacità di sorridere sempre, anche quando le cose sembravano non andare bene: “Lui era sempre sorridente, impossibile non volergli bene. Andava in chiesa e partecipava al Palio dell’Assunta di Paliano. Sapeva scherzare su tutto, quando cazzeggiavamo mi diceva, ridendo, ‘tu sei un bianco del cavolo!’. Sono felice di averlo portato almeno una volta sulla moto, la scorsa estate”.
E poi ci sono anche i momenti tristi, come quello in cui Samuele ha visto il suo migliore amico riverso per terra, senza vita, mentre i suoi assassini se la davano a gambe. Una di quelle immagini che fai fatica a dimenticare, e che Cenciarelli rivive sempre con grande angoscia, nonostante siano già passati quasi tre mesi. “È il ricordo più bello che ho – dice tornando alla loro uscita in moto – . Però quando chiudo gli occhi, appaiono due immagini che non se ne vanno via: Willy disteso sull’asfalto, col sangue che gli esce dalla bocca e Willy nella camera ardente”.
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In ogni caso, dalle parole di Cenciarelli esce anche una denuncia. Anche perchè i teppisti continuano ad appestare Colleferro. Per questo richiede l’intervento delle istituzioni: “Tutti sapevano che i fratelli Bianchi erano pericolosi, perché non sono stati fermati prima? Dopo la morte di Willy altri ragazzi innocenti sono stati ammazzati per motivi stupidi. Credevo che dopo il sacrificio del mio amico, con tutto quel clamore mediatico e le televisioni e il premier Conte che è venuto qui a Paliano, qualcosa sarebbe cambiato. Invece non è cambiato niente”.
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A Samuele Cenciarelli viene chiesto, al termine dell’intervista, cosa direbbe ai fratelli Bianchi e agli altri componenti della banda che ha ucciso Willy. Ma lui fa capire che non avrebbe la capacità di rivolgere loro la parola: “Mi fanno schifo. Spero che paghino per ciò che hanno fatto. Se fosse per me, farei dipingere sul muro della loro cella il volto di Willy sorridente. Così che lo debbano guardare negli occhi tutti i giorni. E l’immagine dovrebbe essere indelebile. Come un tatuaggio”.