Nino Mandalà, l’ex boss mafioso diventato romanziere, ha solidarizzato con Rita Bernardini in sciopero della fame per ridurre il sovraffollamento nelle carceri, e non solo. “Il sovraffollamento è disumano”.
Nino Mandalà, l’ex boss mafioso che ha scritto due libri, condannato a sette anni e otto mesi di carcere, ora scontati, ha parlato del sovraffollamento nelle carceri come qualcosa di disumano. “Il sovraffollamento è un problema antico, dibattuto in diverse occasioni, oggetto di condanna da parte delle istituzioni europee ma che non ha mai trovato una soluzione, visto che ad oggi ancora nelle carceri italiane vivono ammassati 54.868 detenuti con un tasso di sovraffollamento del 130%. La detenzione vissuta in queste condizioni rischia di privare, oltre che della libertà, anche della dignità di cui il diritto all’intimità è ingrediente imprescindibile. La detenzione, già imbarazzante in condizioni normali, diventa drammatica in condizioni di sovraffollamento laddove lo spazio destinato ad una persona è occupato da due persone”: dice l’ex boss mafioso.
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Mandalà che solidarizza con Rita Bernardini e membro del consiglio generale del Partito radicale, così come presidente di Nessuno tocchi Caino, dal 10 novembre è in sciopero della fame chiedendo amnistia, indulto, liberazione anticipata speciale per ridurre il sovraffollamento nelle carceri in cui vi è un’alta percentuale di contagiati da Covid-19. Oltre a Mandalà, a Rita Bernardini hanno dato solidarietà e si sono affiancati Sandro Veronesi, Luigi Manconi e Roberto Saviano, oltre a centinaia di detenuti, i quali digiuneranno per 48 ore. La protesta dell’ex boss mafioso è anche dettata dalla condizione di suo figlio in carcere, condannato all’ergastolo. “C’è chi riesce ad immaginare cosa significa vivere sopportando condizioni di vita inumane, essere stipati come in delle stie ed essere costretti a respirare gli odori, le intimità, gli aliti, le flatulenze e, in tempi di Covid, l’infezione del vicino di detenzione che contende a pochi passi il misero spazio disponibile, che cosa significa vivere oltre all’angoscia della privata libertà, della lontananza dai propri cari, delle ore che non ne vogliono sapere di trascorrere dentro le quattro mura di una cella, anche il terrore del contagio? I dati purtroppo confermano i timori: 874 positivi tra i detenuti e 1042 tra personale e polizia penitenziaria con una percentuale di contagio dieci volte superiore rispetto a fuori. A quanti considerano i detenuti figli di un dio minore, dico che essi sono esseri umani e che le loro sofferenze sono gli autentici miasmi che fuoriescono dai tombini di un mondo scellerato di cui tutti siamo responsabili“: dice Nino Mandalà.