Luigi Giuliano, nipote di uno dei boss di camorra più pericolosi, ripensa alle serate in cui il Pibe de Oro frequentava la famiglia. “Lui era lì e rideva – ricorda – , scherzava con tutti. Mio zio gli stava accanto, lo abbracciava continuamente”.
Luigi Giuliano oggi ha 48 anni e vive a Reggio Emilia, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia. Ma poco più di trenta anni fa era semplicemente il figlio di Nunzio Giuliano, nonchè il nipote di Carmine e Raffaele. Loro tre erano i componenti di spicco di una delle famiglie camorristiche più potenti di Napoli e di tutta la Campania. Grazie alla loro notorietà che sconfinava dagli ambienti malavitosi e arrivava fino agli ultras partenopei, avvenne la conoscenza con Diego Armando Maradona. Una frequentazione che Luigi continua a ricordare con piacere.
Tanto da ripensare con affetto a quella prima sera in cui conobbe il Pibe de Oro. Sono passati 34 anni, ma il ricordo è ancora vivo: “Arrivò nella casa di mio zio, Luigi Giuliano, quando lui era in carcere e il palazzetto di vico Pace a Forcella era abitato da un altro dei miei zii, Carmine, che vi passava la latitanza. Al piano terra c’era una grande sala con un biliardo. Diego entrò, prese una boccia e se la mise sul piede. La palla rotava su se stessa e non cadeva. Restammo muti, poi Carmine lo abbracciò e gli disse ‘Sei un mostro’. Lo toccava in continuazione e continuava a ripetere ‘Sei un mostro, sei un mostro’. Ma Maradona, invece, era Dio“.
Una di quelle sere venne scattata una delle foto più celebri della storia di Maradona a Napoli. I fratelli Giuliano ritratti al fianco del fuoriclasse argentino, in una vasca da bagno nella residenza di Forcella in cui viveva papà Nunzio. All’epoca dei fatti Luigi Giuliano era un ragazzo di 14 anni che impazzì alla vista di Maradona. Ma anche “Carmine Giuliano era un patito del Napoli e chiese a un capotifoso di fargli incontrare” il Pibe de Oro. Tuttavia, anche il nipote di Carmine e Raffaele voleva vedere il campione: “Era passata mezzanotte e noi ragazzi armati presidiavamo il quartiere per controllare che non ci fosse la polizia in giro. Ma Maradona è Maradona e io non volevo perderlo“.
Per questo motivo, come racconta Luigi, “ogni tanto lasciavo il posto di guardia ed entravo nel palazzetto dove si svolgeva la festa“. E poi ci sono i ricordi, per lui molto belli, di quel grande campione che pensava solo a divertirsi, forse senza pensare a chi aveva attorno. “Lui, il nostro mito, era lì e rideva, scherzava con tutti – prosegue il nipote di Carmine Giuliano – . Mio zio gli stava accanto, lo abbracciava continuamente. Parlavano tra di loro, credo che discutessero soprattutto di pallone. E poi bevevano champagne. E ridevano, ridevano tanto“.
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Naturalmente circolava della cocaina, era inevitabile in certi ambienti. Luigi ci ripensa, ma non riesce a darsi una risposta: “Credo che mio fratello ne avesse portata una busta, era un po’ come lo champagne, ravvivava la festa. Ma Maradona non era venuto a Forcella per quello. No. Lui era venuto per noi, era venuto perché noi glielo avevamo chiesto“. In ogni caso, l’erede dei Giuliano è fortemente che Maradona per primo non si sia posto il problema di certe frequentazioni: “Io credo che non si fosse assolutamente domandato se fosse giusto o meno andare da un camorrista, da un latitante. Lui era così, era uno che non si negava a nessuno. E quella era una festa con delle persone che lo adoravano“.
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Luigi Giuliano ha ripercorso anche le tappe dell’amicizia tra Diego e lo zio. Tanto che ci furono diversi eventi di famiglia, ai quali il fenomeno argentino prese parte: “Lui e Carmine diventarono amici e continuarono a incontrarsi. Diego partecipò al matrimonio di mio cugino, anche lui Luigi Giuliano, che tutti chiamavano Zecchetella, e poi a feste e comunioni. Io, invece, lo ho incontrato spesso nei locali alla moda che frequentavamo entrambi. Ero un ragazzino anche se a quattordici anni giravo armato e guidavo auto e moto: facevo il gradasso, ma come tutti davanti a Diego mi ammutolivo“.
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