I gestori di un Covid Hotel sono stati sfrattati dal proprietario del palazzo, il quale ritiene che i malati danneggino il quartiere. Scoppia la polemica a Milano tra Regione e privati.
L’operatività degli alberghi, a causa dell’emergenza Covid-19, è in queste ultime settimane ridotta ai minimi termini. Per questa ragione nei mesi scorsi il Governo ha chiesto che un gran numero di hotel vengano adibiti per ospitare i pazienti affetti dal virus che non hanno modo di stare in isolamento domiciliare, asintomatici o che non hanno particolare bisogno di cure. Molte strutture hanno dato la loro disponibilità. Tra queste anche il King, della catena alberghiera Mokinba, situato in via Magenta a Milano. I gestori dell’hotel a quattro stelle, tuttavia, hanno ricevuto proprio per questa ragione lo sfratto da parte dei proprietari del palazzo.
Lo sfratto al Covid Hospital
L’Hotel King, a pochi passi dal centro di Milano, ha dato la sua disponibilità alla Ats locale per diventare Covid Hotel. La mossa, tuttavia, è costata cara ai gestori della struttura. Ai vertici del gruppo Mokinba, di cui la struttura fa parte, infatti, lo scorso 26 novembre è arrivata una doppia comunicazione da parte della proprietaria dell’immobile. Prima lo sfratto per morosità, successivamente una diffida poiché “qualsiasi operazione di trasformazione in Covid hotel deve essere immediatamente interrotta e non proseguita“.
In base a quanto sostiene la società immobiliare, che ha espresso la propria posizione attraverso un noto studio legale, infatti, il King “si trova in diretta adiacenza ad altre attività e immobili residenziali che potranno risentire negativamente della presenza di soggetti ad alto rischio contagio, ovvero portatori di malattia“. La medesima lettera è stata inviata all’Ats.
La risposta del King
I gestori del King di via Magenta sono rimasti sgomenti da tale comunicazione. “Sono deluso e arrabbiato. Hanno scritto a noi e ad Ats, sostenendo che non siamo idonei a diventare Covid hotel perché siamo morosi e perché la struttura non ha gli spazi necessari per consentire ‘l’ora d’aria‘ degli ospiti. Non siamo a San Vittore. Secondo i protocolli sanitari, gli ospiti non possono uscire e non viene quindi prevista alcuna ‘ora d’aria’. E abbiamo provveduto al pagamento dell’affitto per il mese di novembre, l’unico che non era ancora stato regolarizzato. Quindi non siamo più morosi. Abbiamo partecipato al bando di Ats per senso civico, siamo risultati idonei e ora ci vengono messi i bastoni tra le ruote“, ha spiegato Fabrizio Della Corte, direttore generale di Mokinba Hotels.
Il gruppo alberghiero, inoltre, già in precedenza ha messo a disposizione dello Stato alcune sue strutture (in particolare il Baviera in via Panfilo Castaldi) al fine di evitare il sovraffollamento degli ospedali e garantire una degenza tranquilla ai pazienti positivi ma asintomatici che non avrebbero potuto trascorrere a casa, in sicurezza, la quarantena. Negli altri casi non avevano mai avuto problemi di questo genere. “Abbiamo ricevuto molti complimenti dagli ospiti, che vanno dai senzatetto ai medici impegnati a combattere il Covid in prima linea. E nessuno dei vicini si è mai lamentato. La proprietà teme che un Covid hotel squalifichi la zona e l’edificio? Noi siamo lì da 35 anni e da allora Mokinba ha pagato di tasca propria quattro ristrutturazioni, l’ultima delle quali, conclusa a febbraio, del valore di un milione di euro“, continua Della Corte.
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Anche gli esponenti dell’Ats si sono detti contrariati a fronte di tale problema. “È incredibile“, dice l’assessore regionale alla Sanità. Le strutture della catena alberghiera Mokinba, inoltre, in questo periodo di difficoltà hanno dimostrato alle autorità di essere una garanzia, in quanto altamente affidabili. Nell’Hotel Baviera, in via Panfilo Castaldi, infatti, non sono stati registrati problemi di alcun tipo. I protocolli sono stati rispettati in maniera molto rigida e nessuna diffusione dei contagi si è verificata. I gestori, da parte loro, aiutando la comunità, in un momento di profonda crisi per il settore alberghiero guadagnano qualche risorsa per mandare avanti la propria attività e riuscire a pagare i dipendenti.
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Adesso, dunque, è necessario comprendere quali siano le norme e se, effettivamente, sia necessaria l’autorizzazione della proprietà immobiliare per effettuare la trasformazione. Secondo il rappresentante legale della catena alberghiera non sarebbe così. “Il supposto consenso della proprietà, al di là di ogni valutazione, che ci asteniamo dallo svolgere, di morale collettiva ed etica sociale, non è richiesto né tantomeno dovuto, né in base alla convenzione, né in base al contratto di locazione“, ha scritto l’avvocato Pietro Longhini all’Ats e alla Regione. Non sussisterebbe per cui alcun problema, dato anche il fatto che le morosità sono state risolte. La querelle, ad ogni modo, non sembra essere destinata a concludersi a breve.