Accade a Roma, in zona Trastevere, dove un cittadino che per comodità chiameremo Marco riceve una multa. La causa? Lo scadere del ticket del parcheggio a pagamento. Il biglietto copre fino alle 22:38, Marco non riesce a raggiungere l’auto prima dello scattare del coprifuoco (le 22:00). Marco viene multato. Cosa ci possiamo leggere dietro questa vicenda?
Ancora una volta una vicenda all’italiana. Lo schema è già disegnato, il copione già scritto da tempo, e anche logoro: da un lato l’accalcarsi di regole e clausolette, dall’altro la persistente incertezza su ciò che si può e non si può fare. Il malcapitato X tituba un po’ tra questi due fuochi incrociati et voilà, il gioco è fatto. Ad assumere le parti in questo copione questa volta è un cittadino romano, che per comodità chiameremo Marco. Marco aveva parcheggiato la macchina in zona Trastevere alle 20:00 circa, pagando il parcheggio fino alle 22:38.
Ma Marco ha un imprevisto, non riesce a raggiungere la sua auto per rinnovare il ticket o per spostare la vettura prima del coprifuoco, che scatta alle 22:00. Decide allora di lasciar perdere, sperando nel buon senso dei vigili di turno. Che errore. La mattina successiva Marco raggiunge la vettura e trova l’implacabile multa in bella vista sul cruscotto, effettuata in pieno coprifuoco.
Ora, ci sono precisazioni da fare. Effettivamente, la ragione – a livello legale – è dalla parte dei vigili: il ticket era scaduto e l’automobile si trovava ancora lì. Questo in tempi normali. Ma a questa regolamentazione si aggiunge piano piano una nuova coltre di regole spesso opache. E forse questa vicenda può fungere da parabola per estendere il discorso oltre il caso specifico e per fare qualche osservazione in più. All’interno della vicenda spicca un neo gigantesco che è impossibile non vedere: una burocrazia che, in qualche modo, non riesce ad essere chiara e che lascia uno spazio di errore anche a chi è in buona fede.
Raggiungere l’auto per rinnovare il ticket in orario di coprifuoco sarebbe stato catalogato come “necessità”? Chi può dirlo, sarebbe dipeso, ancora una volta, dal buon senso delle forze dell’ordine. Dalla ragionevolezza dell’agente di turno. Perché è questo quello che accade quando le coordinate da seguire sono talmente ampie e talmente vaghe da abbandonare la gestione della realtà alla discrezionalità dei singoli, che siano cittadini o vigili. E si resta vittime della morsa di leggi incapaci di dialogare tra loro in maniera limpida.
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In questa incomunicabilità si accovaccia, spesso, l’errore. Come ribadito prima, da un lato il peso di una burocrazia che sa catalogare ma non ordinare, dall’altro lo stato confusionale. E forse è il caso di fare un ulteriore passo avanti: questo è il paese in cui le cose non vengono dette chiaramente anche per scelta. In cui per giorni le questure non hanno saputo rispondere a semplici domande: se mi trovo in zona arancione, posso raggiungere il mio domicilio in zona gialla? “Non lo sappiamo”, rispondevano candidamente e un po’ imbarazzati. E la colpa non è certo di chi deve informare sulle regole – in questo caso la questura -, ma di chi le regole le fa. E qui si apre un altro copione tutto all’italiana: lasciare volutamente in dubbio alcune dinamiche per disincentivare certi comportamenti, in questo caso gli spostamenti, senza dire chiaramente se sono legittimi o no. Proibire non dicendo. Questo è il paese in cui non sai mai se quello che stai facendo lo puoi fare veramente oppure no. E allora, di volta in volta, la responsabilità di decidere e correre il rischio spetta al singolo, che sia agente o cittadino.
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Questo rischia di innescare un circolo vizioso: se il cittadino percepisce che dall’altro lato non c’è un’Istituzione trasparente e granitica, se il cittadino capisce che si sta insieme per somma di giudizi arbitrari e leggi in contraddizione, potrebbe anche decidere di far valere questa discrezionalità a suo vantaggio: se la legge non è chiara, si crea anche lo spazio per trasgredirla senza troppe remore. Così si torna al classico paradosso italiano: tante leggi, nessuna regola. In mezzo, tanti individui e nessuno stato. Ci vorrebbe un po’ di buon senso per aggirare questo cortocircuito. Ma il buon senso non si può impartire per legge.