Un numero importante di italiani si dichiarano contrari all’idea di farsi il vaccino anti Covid a gennaio: quasi quattro su dieci non si fidano.
Un sondaggio SWG offre una fotografia che colpisce dell’opinione pubblica italiana: il 37% degli interpellati è contrario alla vaccinazione anti-Covid. Due su tre si dichiarano invece disposti a farlo solo se costretti. Un numero che cresce, nonostante la situazione che il Paese sta vivendo. Il 13 novembre erano il 34%, in dieci giorni la percentuale si è incrementata di tre punti. Tante, tantissime persone che esprimono una sfiducia significativa rispetto a quello che, di fatto, è al momento l’unico baluardo reale alla diffusione incontrollata del virus. Ma come è possibile che così tanti italiani dichiarino di non voler fare quello che tutti gli addetti ai lavori sostengono essere il modo più sicuro per liberarsi della paura del virus, ma anche di lockdown, conseguente crisi economica, chiusure e limitazioni? Perchè tanta gente, pur soffrendo il drastico cambio delle loro abitudini di vita che il virus ha imposto, dichiarano di non voler mettersi al sicuro? Tante le ipotesi: la prima, naturalmente, è quella che fa riferimento alla paura del vaccino in senso assoluto. Parliamo dei cosidetti No Vax, coloro i quali ritengono le vaccinazioni di per sè pericolose ed inutili rispetto all’obiettivo che si prefiggono. Certamente c’è poi chi esprime una sfiducia più specifica, nei confronti di quel vaccino: d’altronde anche alcuni illustri virologi, tutt’altro che “negazionisti” – ad esempio Andrea Crisanti, per citarne uno dei più illustri – hanno espresso più di un dubbio sulla validità di un vaccino oggettivamente testato poco. Il virus è apparso più o meno di un anno fa, la pandemia è stata dichiarata circa nove mesi fa, gli studi sono iniziati più o meno in contemporanea: per testare un vaccino non è molto tempo.
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Entra in ballo dunque un elemento che è fondamentale, sopratutto in periodo storici del genere: la fiducia. Il messaggio che pare abbastanza evidente, infatti, è che quella percentuale rappresenta una quota di italiani che non si fidano di quel che il governo dice loro. Non solo il governo: anche le istituzioni sanitarie, nazionali ed internazionali, non sono del tutto credibili. Perchè? Anche qui i motivi sono diversi: c’è chi non ha fiducia di un governo che ha mostrato in maniera evidente di non essere stato in grado di gestire questa emergenza, c’è chi non si fida “ideologicamente”, magari perchè di idee politiche diverse. Ci sono poi donne ed uomini estenuati da un altro fenomeno che – purtroppo – ha caratterizzato questi mesi: il continuo scontro tra scienziati, il battibecco tra virologi che ha contribuito a far percepire l’approccio scientifico casuale se non superficiale.
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Ci sono poi i cosidetti “negazionisti”, che non credono “tout court” alla reale pericolosità del virus. C’è poi una variabile che non può non essere tenuta in considerazione: quella degli analfabeti funzionali. Chi sono? Coloro che, pur sapendo leggere e scrivere, non sono in grado di mettere in relazione notizie, fatti, eventi, dati. Non comprendono la complessità: e quindi non sono in grado di capire appieno quello che avviene intorno a loro. E’ un problema reale, che riguarda numeri importanti di cittadini in tutti i paesi del mondo. In Italia uno studio del 2016 individua nel 28% della popolazione la diffusione di questo tipo di analfabetismo. Secondo l’Ocse, nel 2009, la percentuale in Italia di analfabeti funzionali era addirittura del 47%. Il noto linguista Tullio De Mauro aveva invece una visione ancora più pessimistica: per lui era l’80% degli italiani a non possedere gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea. Il dubbio è che, nella percentuale di chi dice “no” al vaccinoo, ci sia anche una parte di questa categoria sociale di individui incapaci di comprendere la complessità dei nostri tempi.
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