Crisanti su vaccino anti Covid: non lo farei a gennaio, voglio certezza sia efficace, no a scorciatoie. “Ne ho diritto come cittadino”
Il virologo Andrea Crisanti non si fida ed esprime tutti i suoi dubbi sul vaccino anti Covid durante Focus Live, festival della divulgazione scientifica di Focus. “Normalmente“, spiega Crisanti, “ci vogliono dai 5 agli 8 anni per produrre un vaccino. Per questo, senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio. Perché vorrei essere sicuro che questo vaccino sia stato opportunamente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Ne ho diritto come cittadino e non sono disposto ad accettare scorciatoie”.
“Sono favorevolissimo ai vaccini”, dice l’infettivologo, “ma questi di cui si parla sono stati sviluppati saltando la normale sequenza Fase 1, Fase 2 e Fase 3. Questo è successo perché hanno avuto fondi statali e quindi si sono potuti permettere di fare insieme le tre fasi perché i rischi erano a carico di chi aveva dato i quattrini. Ma facendo le tre fasi in parallelo, uno si porta appresso tutti i problemi delle varie fasi”.
Crisanti ribadisce che “non abbiamo una vera arma a disposizione. Dobbiamo creare un sistema di sorveglianza nazionale che superi le differenze regionali, per equiparare le differenze tra le varie regioni: prendiamo la Calabria, una regione lasciata a se stessa che chiaramente non può uscire da sola da questa emergenza”.
L’infettivologo spiega che se fosse presidente del consiglio, metterebbe in campo “una rete di laboratori in Italia capaci di fare centinaia di migliaia di test. Creerei una struttura informatica di big data integrata con l’app Immuni. Cambierei la governance di Immuni e cercherei di farla più trasparente in modo che le persone siano più coinvolte. Creerei una rete capillare per portare i tamponi là dove effettivamente servono e cambierei rapporti tra Regioni e Governo per quanto riguarda la governance della sanità pubblica”.
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“Al posto delle aziende ospedaliere governate dalle Regioni (che contemporaneamente controllano e governano)“, prosegue Crisanti, “romperei questo rapporto. Le Regioni che controllassero e le unità sanitarie completamente indipendenti che spendessero. Questa catena di dipendenza è una delle storture del sistema sanitario nazionale. E infine direi al privato: vuoi aprire un ospedale? Aprilo pure, ma ci metti il pronto soccorso e il reparto di rianimazione. Altrimenti il privato, ad esempio, gode dei redditi di un’operazione di cardiochirurgia e al sopraggiungere di problemi il paziente passa in rianimazione al pubblico”.
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