Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in collegamento con l’Assemblea dell’Anci, ha chiarito le notizie diffuse sul Recovery Fund.
Una fake news. Così ha definito Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, le informazioni che da ieri – mercoledì 18 novembre – circolano a proposito di eventuali ritardi nella presentazione del Piano Italia per il Recovery Fund. Lo scenario di allarme in Ue, di cui hanno parlato i media, non esiste. Il premier lo ha confermato durante l’Assemblea dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani 2020, realizzata in streaming e pubblicata sulla sua pagina Facebook.
“Oggi è stata pubblicata con grande evidenza su un quotidiano una fake news: l’Italia in ritardo sul piano di resilienza. Abbiamo verificato e quella notizia non viene neppure da Bruxelles, è stata inventata di sana pianta”, ha detto chiaramente il numero uno di Palazzo Chigi. Come ha spiegato anche Enzo Amendola, ministro per gli Affari europei, il fatto che l’Italia non abbia ancora presentato il suo piano di spesa all’Ue sarebbe in linea con gli altri Stati membri. Attualmente, infatti, la discussione dei progetti è limitata al territorio nazionale. Entro gennaio, poi, dovrà essere accettata anche da Bruxelles.
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A proposito dei progetti delineati finora in Italia, Conte ha sottolineato: “Le nostre linee guida sono state convalidate e condivise anche da un passaggio parlamentare. Lavoriamo già con la commissione, settimanalmente, per la definizione dei progetti. Ieri sera sino alle 11 abbiamo avuto una riunione interna per definire la struttura normativa che consenta di garantire che il piano abbia rapida attuazione”.
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Il caos sul Recovery Fund è scattato dopo che lunedì 16 novembre, in Consiglio europeo, l’Ungheria e la Polonia hanno messo il veto sul bilancio Ue e di conseguenza sul massiccio piano di ripresa per affrontare l’emergenza coronavirus. Proprio a causa di questa mossa, infatti, il Recovery Fund potrebbe slittare e non essere più operativo entro la primavera del 2021. L’obiettivo dunque adesso è trovare l’accordo entro dicembre 2020, anche perché a rischiare di perdere i fondi sarebbero anche gli Stati che hanno detto “no”.
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