Un progetto fotografico di Marco Casino e Pietro Baroni. In pieno lockdown i due fotografi hanno ritratto le tracce che lasciamo sui nostri oggetti personali.
“Utilizzando una luce multispettro, solitamente in dotazione ai corpi speciali di Polizia e Carabinieri per indagini scientifiche, abbiamo deciso di rendere visibile l’invisibile”. I due fotografi, Marco Casino e Pietro Baroni hanno presentato il loro progetto Pandemic Stains Milano. “Grazie a luci che permettono di osservare l’ultravioletto e l’infrarosso siamo stati capaci di rendere visibili nelle fotografie le tracce biologiche in luoghi privati, pubblici e di lavoro. Gli scatti risalgono al periodo del lockdown”, raccontano a SkyTg24 per Lo Spunto Fotografico.
“Ci teniamo a precisare che non si tratta di un lavoro prettamente scientifico, anche se si avvale di strumentazioni che lo sono. Non siamo stati capaci quindi di rivelare luoghi, oggetti o persone che abbiano avuto una carica infettiva sufficiente per la trasmissione del coronavirus”, hanno spiegato.
“Nelle immagini mostriamo tracce come saliva, sudore, impronte, feci, urina e alcune tipologie di materiali contenenti fosforo. Il nostro intento è quello di stimolare una discussione collettiva del quotidiano, fatto di distanziamenti sociali e gli effetti psicologici della pandemia sulla sfera personale, privata, lavorativa e pubblica”
“In parte con questo lavoro abbiamo voluto smuovere quel senso di certezza che generalmente sentiamo in casa nostra e in società, quando crediamo che un ambiente sia relativamente asettico e pulito”
“Il verde è il colore delle tracce più leggere, quelle in rosso sono le tracce più marcate. Per gli still life abbiamo deciso di usare una maschera ‘moltiplica’ per avere, dove presenti sugli oggetti, tracce multiple di colori diversi. Anche se non sappiamo cosa siano esattamente le tracce, sappiamo che ci sono e che sono ovunque attorno a noi”
“L’idea del progetto è nata mentre stavo svolgendo un lavoro sulla Milano pre-lockdown”, ha spiegato Marco Casino. “Dopo qualche settimana, avendo studiato le tecniche di illuminazione della scena forense, mi sono confrontato con Pietro, con cui spesso collaboro, e abbiamo iniziato a cercare le attrezzature. A quel punto eravamo in pieno lockdown. Dopo una formazione online fatta dal nostro fornitore, i test e i primi shooting, abbiamo iniziato a scattare quasi tutte le notti”.
“Eravamo costretti a scattare con treppiede e filtri colorati davanti l’obiettivo, con pose lunghissime al buio o quasi. La valigia dell’attrezzatura pesava quasi 20kg. Il tutto durante il picco della pandemia, in una città deserta, impaurita e in molte zone militarizzata. Ogni volta era una montagna da scalare. All’inizio scattare anche solo una fotografia richiedeva circa mezz’ora; dopo un po’ di esperienza siamo riusciti a comprimere i tempi fino a 5 minuti per ciascuna”
“Un’altra difficoltà è stata farsi accettare nelle case e nei luoghi di lavoro dei milanesi. Non è facile mostrare e aprire casa propria se sai che arriveranno due ‘ghostbusters’ a cercare fluidi biologici in ogni angolo della tua intimità. Anche sui luoghi di lavoro i ‘no’ che abbiamo ricevuto sono stati tantissimi, per paure di vertenze sindacali o per scetticismo”.
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I due fotografi, per poter finanziare la produzione di un libro contenente tutte le immagini, hanno lanciato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma IdeaGinger. È possibile acquistare 100 stampe, con inchiostri UV, da 10 soggetti della serie dedicata ai ritratti di fiori e piante in una luce inedita: Ultra-flowers. Il libro potrebbe essere finito a inizio / metà del 2021. A novembre 2020, presso il festival internazionale della fotografia di Lucca, è prevista una mostra.
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