Asili nido privati in ginocchio, si teme per un nuovo lockdown: aggiunta la “clausola Covid” nei contratti. Da settembre, la retta va pagata anche in caso di chiusura: “Chi non accetta, cambi struttura”.
L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia sta mettendo in ginocchio tanti settori, compreso quello relativo all’educazione. In particolare, pare drammatica la situazione che gli asili nido (in particolar modo quelli privati) stanno vivendo ultimamente. Sulla scia di quanto accaduto la scorsa primavera, dove le strutture erano state costrette a chiedere ai genitori un contributo per le spese fisse dopo la chiusura forzata, da settembre sarebbe spuntata nei contratti una clausola che, tuttavia, ai genitori non starebbe affatto bene. Una clausola definita “vessatoria” e “senza valore” dall’Unione nazionale consumatori, ma tanto necessaria per Assonidi: “Non abbiamo alternative”.
Come spiegato da Il Fatto Quotidiano, sono settimane che i genitori segnalano la presenza di clausole nei contratti dei nidi. Un’aggiunta nuova, questa, con la quale viene chiesto alle famiglie di continuare a pagare una parte delle rette anche in caso di chiusura disposta da nuovo lockdown, o per l’eventuale nascita di focolai da Covid-19 tra bambini e personale.
Un segnale, questo, che mostra come anche il settore dell’educazione – in particolar modo quello privato – sia giunto al collasso a causa della crisi provocata dalla pandemia. A causa del periodo, le strutture sentono il dovere di “tutelarsi”, dopo essere state abbandonate dallo Stato la scorsa primavera. Ma se qualche mese fa la richiesta ai genitori di contribuire almeno alle spese fisse era stata avanzata in punta di piedi, ora tutto è stato inserito nero su bianco sui fogli di carta: e chi non dovesse accettare, porterebbe i propri figli ad essere esclusi dal nido.
A tal proposito, spiegano le penne de Il Fatto, è intervenuta però anche l’Unione nazionale dei consumatori, che ha sottolineato come tale “clausola Covid” non abbia, in realtà, alcun tipo di valore, “qualora chieda l’intera retta nonostante la chiusura e l’impossibilità di frequenza”. Anche se è dura la replica di Assonidi, lasciata dalla vicepresidente Ahmed Mohamed El Boshi Malacka: “Il nostro contratto non vale meno di un abbonamento a Sky. Se si vuole ritrovare l’asilo nido privato aperto, quando tutto sarà finito, non mi sembra ci siano molte altre strade, se non quella di dare un contributo che sia, però, equo rispetto al servizio reso”.
Si ricorda, comunque, come durante il primo lockdown alcuni Comuni abbiano deciso di esentare le famiglie con bambini che frequentano gli asili nidi dal pagamento della retta a seguito della chiusura straordinaria. Era successo a Firenze, a Milano, a Monza, a Brescia e in altre città altre ancora. Nel caso venisse imposto un nuovo blocco nazionale, allora, l’intenzione dei Comuni potrebbe nuovamente portare al temporaneo blocco delle rette, e permettere il pagamento soltanto per il periodo in cui il bambino ha effettivamente frequentato l’asilo.
Una situazione del genere, tuttavia, non gioverebbe alle strutture private e convenzionate: questo tipo di realtà, infatti, viene sostenuto principalmente dai soldi che entrano dalle famiglie, e imporre il congelamento delle rate rischirebbe di far chiudere i battenti definitivamente a tante attività. Per questo sarebbe nata l’idea delle clausole, tanto attaccatalle assocazioni. In particolare, come spiegato in un video da Massimiliano Dona, (presidente dell’Unione nazionale consumatori), fondamentale è il riferimento all’articolo 1464 del codice civile.
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“Nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”, si evidenzia nel testo. In tal senso, l’Unione nazionale consumatori sostiene che se un nuovo decreto dovesse imporre la chiusura, “non sarebbe lecito per gli istituti pretendere l’intera retta (anche in caso di contratto firmato), ma qualora ci fossero le condizioni per attivare la didattica a distanza, andrebbe rimodulata la quota”.
D’altra parte, ferrea è la posizione delle strutture private, sostenute da El Boshi Malacka: “Se i genitori firmano un contratto con una struttura privata, va rispettato e ritengo che sia opportuno chiedere il 20, 30 o anche 50% a fronte di un servizio di didattica a distanza e del mantenimento del posto. Il codice civile? Dice che non si può chiedere la retta per intero. Non mi sembra che la maggior parte degli asili abbia inserito clausole da strozzini. I genitori che si vedono richiedere l’intera retta e il pagamento di un servizio di mensa di cui il bambino non usufruirà, possono scegliere di cambiare asilo”.
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