La preoccupazione della politica italiana dopo il veto di Ungheria e Polonia sul bilancio europeo e i fondi del Recovery Fund.
Trema l’Unione europea. Nella giornata di ieri, lunedì 16 novembre, l’Ungheria e la Polonia hanno messo il veto sul bilancio Ue e di conseguenza sul massiccio piano di ripresa per affrontare l’emergenza coronavirus. Con questa mossa, il Recovery Fund potrebbe slittare e non essere più operativo entro la primavera del 2021. L’obiettivo adesso è trovare l’accordo entro dicembre 2020, anche perché a rischiare di perdere i fondi sono anche gli Stati che hanno detto “no”.
Uno dei primi a commentare la mossa di Ungheria e Polonia è stato il ministro degli Affari europei tedesco e presidente di turno del Consiglio Ue, Michael Roth. “Chiedo a tutti, nell’Ue, di essere responsabili, non è tempo di veti ma di agire velocemente ed in uno spirito di solidarietà. In caso di blocco, gli europei pagherebbero un prezzo alto. Restiamo impegnati a risolvere le questioni”, ha detto il tedesco.
Si è espresso sulla questione anche Graziano Delrio, capogruppo del Partito democratico alla Camera dei Deputati. Ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Abbiamo bisogno di un’Europa solidale ed efficiente. Bloccare Next generation Eu, come stanno facendo Ungheria e Polonia, per interessi nazionali è miope e inutile: purtroppo perderemo tempo prezioso, ma non rinunceremo al sostegno europeo e neanche ai principi di democrazia e libertà che ci hanno garantito decenni di pace e sviluppo”.
A proposito dell’ipotesi di superare il veto di Polonia e Ungheria sul recovery fund inserendolo in una cornice istituzionale intergovernativa, e non più comunitaria, Paolo Gentiloni si è mostrato restìo. Il commissario Ue agli Affari economici lo ha detto in un’audizione alla Camera: “Penso che sarebbe un errore rinunciare a una delle caratteristiche più interessanti del Next Generation Ue, e cioè il suo carattere comunitario e in particolare che ne sia protagonista la Commissione europea, che andrà sui mercati diventando uno dei principali attori con debiti emessi e denominati ed emessi in euro, e questo rafforzerà in modo significativo il ruolo dell’euro come moneta di riserva internazionale”.
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Non appena si è diffusa la notizia del veto sui fondi europei da parte di Ungheria e Polonia, chi spingeva per ottenere il Mes è tornato alla carica.
Tra questi Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia. L’esponente di centrodestra ha fatto sapere attraverso una nota: “L’arrivo dei fondi del Next Generation Eu sono destinati a slittare anche se alla fine la mediazione tedesca andrà a buon fine. Ma logica e buonsenso imporrebbero di attivare senza perdere altro tempo i 37 miliardi del Mes. Invece la maggioranza dice ancora no perché teme lo stigma sui mercati, mentre esalta la proposta di cancellare il debito pubblico da Covid, che – oltre ad essere impraticabile – è di fatto una dichiarazione anticipata di insolvenza. Che senso ha aspettare a gloria i prestiti europei e ipotizzare di non volerli restituire? Non è forse un autostigma?”.
Non poteva mandare l’intervento di Italia viva, il partito di Matteo Renzi che, pur facendo parte della maggioranza di governo non condivide la scelta di evitare il Mes. Ad esprimersi sulla questione è stato Davide Faraoni, presidente dei senatori di Italia viva, durante la trasmissione Agorà, su Rai3. “Il Mes si fa sempre più urgente. In bilancio abbiamo investito più di due miliardi ma per ristrutturare la sanità in molte regioni servono i 37 miliardi del Mes che per un incredibile capriccio ideologico ancora non abbiamo preso“.
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