Gli italiani vogliono sopravvivere al coronavirus, ma anche alla fame

Le proteste dei lavoratori durante la seconda ondata indicano che i cittadini vogliono sopravvivere al coronavirus, ma anche alla fame.

Gli italiani vogliono sopravvivere al coronavirus, ma anche alla fame
Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte

“Un secondo lockdown non ce lo possiamo permettere”. È la frase che ci sentiamo ripetere dalla fine di settembre. La conclusione dell’estate e l’inizio dell’autunno ha portato con sé la paura di una nuova ondata di coronavirus. E con lei, il timore di una seconda chiusura generalizzata.

“Un secondo lockdown non ce lo possiamo permettere”

Mentre in Italia i contagi crescevano esponenzialmente, abbiamo sentito politici, esperti e giornalisti ribadire che non ci sarebbe mai stato un altro lockdown dell’intero Paese. Solamente nel mese di ottobre, lo ha affermato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa.

E ancora la sindaca di Roma Virginia Raggi, il vicedirettore del quotidiano Domani Emiliano Fittipaldi, il giornalista Andrea Scanzi, il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il presidente di Confcommercio nella Provincia di Rimini Gianni Indino. Ed è solo una parte delle voci che hanno annunciato all’unanimità quanto dannoso potesse essere chiudere nuovamente l’Italia.

I dati sull’economia italiana

In effetti, stando alle stime della società italiana di consulenza Prometeia, pare che potrebbe essere necessario aspettare il 2025 per pensare ad un superamento definitivo della crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria da Coronavirus. Lo ha confermato anche il Fondo monetario internazionale (Fmi), le cui proiezioni indicano che nel prossimo anno – 2021 – l’Italia rischia una caduta del Pil del 10,6 per cento e una crescita del debito pubblico oltre il 150 per cento del Pil.

Stando al rapporto pubblicato dal Centro Studi di Confindustria, infine, in termini di Pil pro-capite, con la crisi da coronavirus l’Italia è tornata ai livelli di fine anni Ottanta. È per questo che l’esecutivo, nel giro di sette mesi, ha cambiato strategia. Se nei mesi di marzo e aprile il governo ha dato la priorità alla salute dei cittadini e alla loro tutela, durante la nuova ondata di coronavirus il premier ci pensa due volte prima di chiudere tutto. Nonostante l’impennata dei contagi, nonostante alcuni ospedali siano in difficoltà.

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Le proteste dei lavoratori

Anche perché un piccolo assaggio di quello che potrebbe accadere con la promulgazione di un nuovo lockdown il governo l’ha avuto quando ha emanato il Dpcm con cui chiudeva anticipatamente bar e ristoranti. Non è passato molto prima che, in diverse Regioni d’Italia, iniziassero manifestazioni e proteste dei lavoratori. Le persone voglio sopravvivere al virus, è vero. Ma anche alla fame. 

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