Gli anestesisti contro Arcuri: “Le terapie intensive sono in difficoltà”

Nel coros di una intervista a Radio Capital Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri, contraddice le dichiarazioni del commissario Arcuri.

Il dottor Alessandro Vergallo, presidente dell’associazione di categoria degli anestesisti e rianimatori

“Nessuna pressione sulle terapie intensive”: lo aveva detto Domenico Arcuri, il commissario all’emergenza Covid, nel corso della conferenza “Finanza e sistema Paese un anno dopo”. Una dichiarazione che farebbe tirare un sospiro di sollievo a 60 milioni di italiani, disperatamente aggrappati ad i numeri del bollettino quotidiano, sopratutto quelli relativi alla terapia intensiva. Perchè, tra le tante cose che abbiamo scoperto in questi duri mesi di pandemia, c’è il fatto che, se le terapie intensive sono in sofferenza, sono guai. Come è successo tra marzo ed aprile, per capirsi. La notizia che le terapie intensive non sono sotto pressione sarebbe quindi una buona notizia: se fosse vera. Il problema è che la dichiarazione  del commissario Arcuri sembra non essere del tutto veritiera. A contraddirla è una fonte attendibile: Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri. 

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Domenico Arcuri

Secondo il commissario Domenico Arcuri i posti in rianimazione sarebbero sufficienti a gestire la situazione: “Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese. Attualmente ci sono circa 3.300 ricoverati in terapia intensiva (per Covid, ndr), quindi la pressione su questi reparti non c’è” ha dichiarato  nel merito Arcuri. Innescando l’immediata risposta del medico: “La pressione c’è – ha risposto infatti  Vergallo – e sfido chiunque a dire che non è così”. Vergallo ha spiega durante il collegamento a Radio Capital che “tutti quei posti declamati non risultano, è un dato sovrastimato. Forse per raggiungere i diecimila si stanno sommando i posti letto preesistenti con il numero di ventilatori che sono stati forniti . Ma fornire un ventilatore non significa trasformarlo in un posto di rianimazione. La brutta sensazione è che nonostante i nostri richiami si continui ad affermare questa equivalenza. Se metto un ventilatore in un posto letto di medicina non ho trasformato un bel nulla. Il numero reale è di 7.500″Una risposta netta, che andrebbe a destrutturare la narrazione, certamente più rassicurante, di Arcuri. Il dottor Vergallo, che ha dato voce a tutta la categoria dei medici anestesisti e rianimatori, ha usato termini che esprimono bene il livello di disaccordo rispetto le dichiarazioni del commissario: “La comunità dei colleghi (anestesisti e rianimatori, ndr) è rimasta irritata ed infastidita. I dati sono sovrastimati”.

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